Parchi, foreste e Natura 2000

Flora

Parco regionale Valli del Cedra e del Parma

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Il paesaggio vegetale alle quote piú basse

Lungo le pendici che risalgono dai fondovalle sino a 900-1.000 m, il paesaggio vegetale risente maggiormente della secolare presenza dell'uomo: boschi misti di latifoglie governati a ceduo per la produzione di legna si alternano a praterie per lo sfalcio e il pascolo, segnate da siepi, filari alberati e muretti a secco, più frequenti intorno ai centri abitati. Sui freschi versanti esposti a nord nei boschi misti, di origine naturale, prevalgono cerro e carpinonero, affiancati da acero campestre, orniello e sorbi; sporadica è la roverella, una quercia tipica dei versanti assolati. Nel sottobosco sono frequenti maggiociondolo, nocciolo, biancospino, prugnolo e tra le erbacee abbondano le precoci fioriture di primule, ellebori, anemoni, polmonarie e viole; in estate risaltano le infiorescenze di orchidee (Dacthylorhiza maculata, Platanthera chlorantha, P. bifolia) e campanule (Campanula trachelium, C. medium). I boschi cresciuti sui detriti morenici sono stati in passato sostituiti con castagneti da frutto, che dal dopoguerra hanno subito un lento abbandono, spesso trasformati in cedui e gradualmente invasi dalle piante dei boschi originari. Nel parco, tuttavia, sopravvivono castagneti ben curati intorno a Rimagna, Trefiumi e tra Riana e Corniglio, dove le chiome dei castagni ombreggiano un rado sottobosco, ripulito per la raccolta dei frutti, con piante dei terreni acidi come felce aquilina, brugo e ginestra dei carbonai; alle quote maggiori il sottobosco si arricchisce di specie tipiche come acetosella, lattuga dei boschi, mirtillo nero.

I boschi dei versanti montani

 

Doronico di ColonnaDai 900-1.000 m sino ai 1.700 i boschi di faggio rivestono i versanti montani e incorniciano le conche lacustri, interrompendosi in corrispondenza di radure prative e affioramenti rocciosi.
Il clima fresco e umido e il secolare sfruttamento delle faggete hanno favorito lo sviluppo pressochè esclusivo di questa latifoglia, che forma boschi cedui in molti casi convertiti negli ultimi decenni all'alto fusto. Solo di rado compaiono acero di monte, sorbo degli uccellatori, sorbo montano e maggiociondolo alpino, spesso confinati ai margini del bosco. Isolati nuclei spontanei di abete bianco, abete rosso e tasso sono preziose testimonianze di un remoto paesaggio forestale ormai scomparso. Nel sottobosco delle faggete sono diffuse piante erbacee come geranio nodoso, lattuga dei boschi, dentarie, acetosella, angelica minore, euforbia delle faggete, erba lucciola; più sporadici compaiono sigillo di Salomone a foglie verticillate, erba crociona, giglio martagone, genziana asclepiadea e l'orchidea Epipactis helleborine. Negli anfratti rocciosi più freschi vegeta la sassifraga a foglie rotonde e d'estate risaltano i capolini dorati del doronico di Colonna. La penombra del sottobosco favorisce la crescita di felci, come le comuni felce maschio e felce femmina, la minuscola felce delle querce (Gymnocarpium dryopteris), la rara e sempreverde lonchite minore (Blechnum spicant). Soprattutto alle quote più elevate i boschi sono interrotti da ammassi di detriti rocciosi, sui quali cresce una rada vegetazione in prevalenza di felci (caratteristica è la felcetta crespa); in questi ambienti è sporadico il geranio crestato (Geranium macrorrhizum), una specie delle montagne sudeuropee che ha le uniche stazioni regionali nel parco. Nell'alta valle del Parma le faggete sono affiancate da rimboschimenti di conifere eseguiti agli inizi del secolo su vecchi pascoli degradati.

Vaccinieti, praterie e piante delle rocce 

FaggioOltre il limite degli alberi, segnato da faggi cespugliosi e contorti, le zone sommitali fino al crinale sono rivestite da basse brughiere e praterie, protette nei mesi invernali da spesse coltri di neve e in grado di resistere ai venti che spazzano le cime tutto l'anno. Qui sopravvivono, in isolate stazioni, piante arrivate sull'Appennino quando il clima era più freddo e oggi diffuse in prevalenza sull'arco alpino e in Europa centrale. Le estese e compatte formazioni di mirtillo nero e falso mirtillo (vaccinieti) sono punteggiate dalle basse chiome sempreverdi di ginepro nano e ravvivate in estate dai fiori di rosa alpina. Meno frequenti sono arbusti tipici delle brughiere alpine come erica baccifera (Empetrum hermaphroditum), mirtillo rosso e rododendro rosso (segnalato in una sola stazione). Tra le fronde dei mirtilli si notano i fusti semiprostrati di alcuni licopodi (Huperzia selago, Lycopodium clavatum) e i talli di lichene delle renne (Cladonia rangiferina) e lichene islandico (Cetraria islandica); d'estate spiccano i capolini rosati di Homogyne alpina e le dorate fioriture di iperico di Richer e cariofillata montana. Ai vaccinieti si avvicendano praterie cresciute sulle pendici più ripide e rocciose o derivate da passate distruzioni per ampliare i pascoli. Dove il pascolo è ancora diffuso prevale il nardo, un'ispida graminacea evitata dal bestiame, che in estate è accompagnato dalle fioriture di cariofillata montana, viola con sperone, alchemilla alpina, raponzolo alpino, campanule e genziane (Gentiana kochiana, G. verna). Sulle creste ventose e i versanti più scoscesi la prateria si frammenta e prevale un'altra graminacea, il brachipodio, spesso affiancato dal giunco delle creste. Gli ambienti rocciosi più inaccessibili selezionano una flora caratteristica, che include piante di grande interesse per ricostruire la storia naturale di questi luoghi. Tra le fessure della roccia si insediano sassifraghe (Saxifraga paniculata, S. oppositifolia subsp. latina, S. moschata) e semprevivi (tra i quali spicca Sempervivum montanum, un relitto glaciale). All'inizio dell'estate compaiono i fiori rosati di Primula apennina, una pianta esclusiva del crinale parmense e reggiano, e sulle rocce più assolate i capolini azzurri di Globularia incanescens, un endemismo apuano. Altrettanto gradevoli e preziose sono le fioriture di aquilegia alpina, pulsatilla alpina, anemone a fiori di narciso, astro alpino e genziana porporina, che si incontrano lungo i sentieri più esposti in vista del crinale.

Ruscelli, laghi e torbiere

Le sponde dei ruscelli d'alta quota sono rivestite da cuscinetti di muschi intrisi d'acqua, che a fine primavera si colorano delle fioriture di calta palustre, billeri rotundifoglio, cerfoglio selvatico. Le loro abbondanti acque alimentano i bacini lacustri, che l'evoluzione naturale porta gradualmente a interrarsi: nel parco sono visibili specchi d'acqua privi di vegetazione, in genere alle quote più elevate, altri circondati da una fascia di piante palustri e altri ancora, ormai senescenti, occupati da praterie solo periodicamente inondate. In diversi casi le depressioni lacustri sono state colmate da torbe originate dalla parziale decomposizione di muschi e sfagni. Le piante tipiche di questi ambienti umidi sono carici, equiseti, giunchi e pennacchi (Eriophorum ssp., Tricophorum ssp.); sui tappeti di muschi fioriscono il raro trifoglio fibrino e la parnassia. Alcune specie, comuni sulle Alpi, sono molto sporadiche nell'Appennino tosco-emiliano e la loro sopravvivenza è legata alla conservazione degli ambienti che le ospitano.

Le stazioni relitte di abete bianco, abete rosso e tasso

I rari nuclei spontanei di queste tre specie che si incontrano nelle faggete del parco, dove sono custoditi maestosi esemplari secolari, rappresentano i relitti di boschi ben più estesi che in epoche remote rivestivano i rilievi appenninici.
La loro storia è legata alle alterne condizioni climatiche succedutesi su queste montagne dopo l'ultima glaciazione, che favorirono la formazione di boschi di abete bianco e in seguito di abete rosso, mentre il clima attuale, adatto al faggio, ha provocato la graduale regressione di queste conifere. Anche lo sfruttamento da parte dell'uomo del pregiato legname di abete ha accelerato il naturale declino di queste specie. I nuclei relitti tutelati nel parco conservano un patrimonio genetico unico e originale, utile agli studiosi per ricostruire la storia naturale di questi luoghi, e sono un prezioso serbatoio di diversità biologica per i boschi appenninici. Per queste ragioni le stazioni di conifere autoctone presenti nell'area protetta sono state interessate da un progetto dell'Unione Europea (Life Natura '95), che è stato esteso a tutto l'Appennino emiliano. Sono anche stati compiuti studi genetici sulle popolazioni appenniniche di abeti, per verificare la reale autoctonia delle stesse, e interventi forestali per favorire la conservazione delle stazioni (conversione all'alto fusto degli adiacenti boschi cedui di faggio, diradamento selettivo e rinaturalizzazione dei rimboschimenti artificiali).Di estremo interesse è il recupero dello storico vivaio della Vezzosa, destinato alla propagazione di piantine nate da seme prelevato da piante madri autoctone, che in futuro produrrà materiale vegetale certificato per interventi forestali rispettosi dei caratteri originali della foresta appenninica.

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ultima modifica 2022-05-23T11:52:51+01:00
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