4. I vulcani

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Le eruzioni vulcaniche sono gli eventi naturali più affascinanti, anche se sono tra i più distruttivi. Esse producono spesso effetti improvvisi e ripercussioni a catena: emissione di frammenti di materiali, colate laviche, emanazioni di gas tossici, effetti sismici. In relazione al tipo di attività ed al fluido emesso si distinguono vulcani effusivi e vulcani esplosivi.

I magmi vulcanici e la loro risalita

Il magma che alimenta i vulcani è un fluido complesso, dalla composizione e dalle proprietà fisiche alquanto variabili, composto generalmente di una fase liquida ricca di Silice (SiO2), di una gassosa di composizione acquosa e di una fase solida, rappresentata da cristalli e da frammenti rocciosi denominati xenoliti (fig. 1). La varietà dei magmi vulcanici dipende dalla diversità di situazioni geodinamiche cui si lega la loro origine, alle quali si aggiungono numerose altre variabili acquisite durante la risalita e lo stazionamento del magma nella crosta terrestre.

Il magma in superficie

Fig. 1 - Il magma in superficie.

La superficie della Terra ha subito continue trasformazioni nel corso della sua lunga storia geologica. I continenti hanno subito grandi rotture, smembramenti e spostamenti mentre imponenti catene montuose si sollevavano lungo i loro margini. Anche gli oceani hanno subito alterne vicende, tanto che alcuni di essi sono completamente scomparsi mentre nuovi oceani sono nati e si sono grandemente espansi.

Il motore di questo dinamismo terrestre è alimentato dal calore interno della Terra e si manifesta essenzialmente attraverso gli spostamenti reciproci delle numerose placche (le maggiori sono una ventina), in cui si articola la litosfera terrestre. La mobilità delle rigide placche litosferiche (capitolo 2. La tettonica delle placche) è facilitata dallo stato pastoso e duttile in cui si trova la sottostante e più calda astenosfera, appartenente alla parte superiore del mantello (capitolo 1. L'interno della terra). Le rocce di quest'ultima si trovano a temperature elevatissime, anche superiori ai 1000°C, e sarebbero pressoché totalmente fuse se le enormi pressioni esistenti a quelle profondità (in media tra 100 e 250 Km) non ne ostacolassero la fusione.

La fusione parziale dell'astenosfera costituisce la principale sorgente del magma che alimenta il vulcanismo terrestre. La causa prevalente di questa fusione risiede nelle condizioni di decompressione in cui la roccia-sorgente si viene a trovare in seguito al sollevamento dell'astenosfera in prossimità dei margini di placche tra loro divergenti.

Un'altra origine dei magmi vulcanici va cercata nelle modificazioni chimiche delle rocce astenosferiche e della litosfera inferiore (capitolo 1. L'interno della terra) in seguito all'introduzione di fluidi ricchi in componenti volatili come acqua e biossido di carbonio (CO2) con silice e alcali in soluzione. La presenza di questi fluidi abbassa il punto di fusione delle rocce, ferma restando la pressione vigente. Questa condizione si manifesta soprattutto in prossimità dei margini di placche litosferiche tra loro convergenti (capitolo 2. La tettonica delle placche).

Un ulteriore meccanismo generatore di magmi vulcanici è rappresentato dall'innalzamento della temperatura causato da quelle correnti ascendenti calde della parte superiore del mantello chiamate "pennacchi", in corrispondenza delle quali i magmi si aprono velocemente la strada all'interno delle placche, anche molto lontano dai loro margini, e si manifestano in superficie come vulcani isolati in mezzo agli oceani od ai continenti, cui si dà il nome di "punti caldi intraplacca" (fig. 2).

Punto caldo intraplacca

Fig. 2 - Punto caldo intraplacca..

I vulcanologi studiano le proprietà e la composizione dei magmi osservandoli e campionandoli direttamente nel corso delle eruzioni, ma hanno anche a disposizione quell'amplissimo ed accessibile campionario di rocce vulcaniche, rappresentato dai vulcani estinti che le agitate vicende geologiche della Terra hanno sparso in quasi tutti gli angoli del mondo.

Il criterio più semplice e comune per classificare le rocce magmatiche vulcaniche [approfondimento 8] è basato sul contenuto in silice (SiO2), in base al quale si possono distinguere quattro categorie di magmi caratterizzati nell'ordine da una percentuale crescente di silice: ultrabasici (fino al 45% in silice), basici (da 45 a 52% in silice), intermedi (da 52 a 63% in silice) e acidi (oltre il 62% in silice).

Il magma, generatosi a grande profondità dalla fusione parziale del mantello o della crosta inferiore, sospinto dalla sua minore densità rispetto alle rocce circostanti inizia la lunga marcia che lo porterà ad erompere alla superficie per dar luogo ad una eruzione. Durante il cammino, il magma potrà subire una sosta quando la sua densità uguaglierà quella delle rocce circostanti, accumulandosi a formare una specie di serbatoio cui si attribuisce il nome di camera magmatica (fig. 3). Quivi il magma potrà modificare ulteriormente la propria composizione sia per arrivo di nuovo magma dal basso sia per assimilazione di porzioni rocciose appartenenti alle pareti della camera magmatica.

Struttura di un vulcano

Fig. 3 - Struttura di un vulcano.

Durante il suo stazionamento nella camera magmatica, il magma tenderà lentamente a cristallizzare ed i cristalli così formati tenderanno a precipitare verso il fondo della camera magmatica, determinando un arricchimento delle fasi liquida e gassosa nella parte restante della camera stessa. Il magma riacquisterà quindi nuovamente una densità minore rispetto a quella delle rocce circostanti e si rimetterà in cammino verso la superficie [approfondimento 9].

Prima di addentrarci negli svariati aspetti delle manifestazioni eruttive, dei loro effetti e dei loro prodotti, diamo uno sguardo allo sviluppo delle eruzioni vulcaniche nel tempo (capitolo 9. Il primo paesaggio). Il fenomeno vulcanico è antico quanto la Terra stessa e aggiungiamo che, poiché le sue cause risiedono nella dinamica del pianeta in continua attività, le eruzioni vulcaniche non hanno mai smesso di agitare la superficie dei continenti ed il fondo degli oceani. Naturalmente la vita dei singoli vulcani è geologicamente limitata; anche se può perdurare per alcuni milioni di anni vi sono vulcani di vita breve, che possono esaurire in pochi anni la loro attività eruttiva. A queste grandi differenze di comportamento nella durata di vita dei vulcani si associano forti differenze nella durata delle eruzioni e degli intervalli intercorrenti tra un'eruzione e quella successiva.

Vi sono eruzioni che perdurano lungamente nel tempo, anche per parecchi mesi o qualche anno, ed eruzioni che si esauriscono in pochi minuti, ore o giorni. Il primo caso si verifica solitamente in presenza di vulcani che emettono estese e tranquille colate di lava, poco o punto pericolose per l'uomo, mentre il secondo caratterizza vulcani esplosivi, le cui eruzioni possono provocare immani cataclismi malgrado la loro breve durata. Gli intervalli tra un'eruzione e l'altra, che vengono denominati periodi di quiescenza dei vulcani, sono molto importanti per permettere calcoli statistici sulla possibile ripresa dell'attività eruttiva, ma è difficile che essi si ripetano con sufficiente regolarità. Possiamo comunque osservare che i vulcani effusivi, che emettono grandi quantità di lave molto fluide, possiedono intervalli generalmente brevi, dell'ordine di qualche anno fino ad una decina di anni. I vulcani esplosivi possono invece mostrare periodi di quiescenza dell'ordine delle centinaia di anni ma alcune eruzioni esplosive di maggiore potenza e distruttività possono essere separate anche da intervalli più lunghi, dell'ordine delle migliaia di anni, aumentando quindi la loro pericolosità.

In questa vasta gamma di comportamenti eruttivi i termini estremi sono, come ricordavamo sopra, le eruzioni effusive e quelle esplosive.

Eruzioni effusive

Le eruzioni effusive sono caratterizzate dalla tranquilla emissione di colate laviche (fig. 4 ) che peraltro si muovono con modalità alquanto differenti tra loro, a seconda delle loro caratteristiche chimiche e fisiche e soprattutto del loro grado di viscosità.

Colata lavica

Fig. 4 - Colata lavica.

A. Magmi molto viscosi

Le lave acide, ricche di silice come le rioliti e le daciti, presentano una forte resistenza interna allo scorrimento a causa della loro viscosità elevata; le loro colate di conseguenza sono generalmente corte e tozze e si presentano in superficie come distese di blocchi poliedrici ad angoli diedri e superfici lisce, cui si dà il nome di "lave a blocchi". Le rocce derivanti dal loro raffreddamento presentano spesso una struttura interna a sottili bande di colorazione diversa, fittamente piegate e contorte durante il fluire difficoltoso e lento della lava. Le lave a blocchi sono caratteristiche anche di magmi di viscosità intermedia come quelli andesitici. Spesso le lave molto viscose o mediamente viscose non riescono ad allontanarsi dal cratere del vulcano e rimangono al suo interno a formare una cupola lavica cui si dà il nome di duomo (fig. 5).

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Fig. 5 - Duomi vulcanici.

B. Magmi poco viscosi

Le lave poco viscose, di composizione basaltica, possono invece scorrere con facilità lungo i fianchi del vulcano ed allontanarsi anche di parecchi chilometri dal vulcano stesso, formando grandi distese di rocce nere dalle forme superficiali alquanto tormentate e di difficile percorribilità, soprattutto quando si sono da poco tempo raffreddate e mantengono ancora intatte le strutture acquisite durante il loro flusso. In questi spettacolari campi di lava riconosciamo essenzialmente due categorie di colate, definite con termini di origine hawaiana.

- Le colate "aa" (fig. 6) presentano un livello superiore ed un livello basale entrambi molto vescicolati e di aspetto scoriaceo, che racchiudono uno strato intermedio compatto e poco vescicolato.

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Fig. 6 - Lave "aa".

Le colate "pahoehoe" (fig. 7) hanno superfici continue, lisce, con forme ondulate od a lastre e spesso forme che ricordano matasse di corda da cui il termine di "lave a corda".

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Fig. 7 - Lave a corda.

Le lave di questo tipo hanno origine frequentemente da eruzioni molto abbondanti di lave basaltiche povere di gas, che fuoriescono da grandi fessure accompagnate da getti moderatamente esplosivi di brandelli lavici incandescenti cui si dà il nome di fontane di lava (fig. 8). Una parte cospicua della lava di queste eruzioni continua a fluire lungo tunnel che si attivano sotto una sottile crosta solidificata. A questo tipo di attività vulcanica si dà il nome di eruzioni hawaiane, a causa della loro frequenza nell'arcipelago omonimo ma diffuse peraltro, sia attualmente sia nei tempi geologici passati, in altre parti del mondo e soprattutto in Islanda.

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Fig. 8 - Fontane di lava.

La contrazione termica derivante dal raffreddamento progressivo e lento delle colate conduce spesso a forme di fessurazione perpendicolare alla superficie delle colate stesse, secondo piani che si intersecano tra di loro a formare distese di colonne perfettamente giustapposte ed a sezione esagonale. Questa fessurazione colonnare, caratteristica soprattutto delle colate basaltiche, dà luogo talora a paesaggi di grande attrazione, tra cui quello da secoli celebrato come il "marciapiede dei giganti", nella contea di Antrim, in Irlanda.

E' opportuno ora ricordare che gran parte delle eruzioni vulcaniche effusive sono sottomarine [approfondimento 10] poiché si manifestano lungo quella ininterrotta catena di vulcani che percorre le zone assiali di tutti gli oceani della Terra, per una lunghezza complessiva di circa 60.000 Km. Da questi vulcani fuoriescono i magmi basaltici le cui colate, accumulatesi da centinaia di milioni di anni, tappezzano il fondo di tutti gli oceani con spessori di qualche chilometro, rappresentando così gran parte della crosta oceanica. L'Islanda rappresenta uno dei rari punti in cui una dorsale oceanica, crescendo sotto l'effetto di un'alimentazione magmatica particolarmente abbondante, è emersa dalle acque dell'oceano.

Nei tempi geologici passati anche sui continenti si sono verificati giganteschi espandimenti di lave basaltiche cui si dà il nome alquanto significativo di "basalti di inondazione continentale". Si tratta delle più grandi eruzioni laviche del passato, tra cui si annoverano singole colate aventi volumi di circa 2.000 Km3, dimensioni incredibili se pensiamo che il più grande vulcano basaltico attivo oggi nel mondo, il Kilauea nelle isole Hawaii, necessita di 10 anni di attività per produrre 1 Km3 di lava! Negli ultimi 250 milioni di anni questi grandiosi espandimenti di lave basaltiche si sono ripetuti numerose volte in continenti diversi ed i maggiori tra essi sono avvenuti in India, Brasile, Etiopia, Siberia e Sudafrica. Si sta rinforzando sempre più l'ipotesi che gli sconvolgimenti atmosferici conseguenti a questi catastrofici eventi vulcanici possano essere stati la causa delle numerose estinzioni di massa delle specie viventi (compresa quella dei Dinosauri), verificatesi più volte nel corso della storia della Terra. Tali ipotesi prevedono un severo e brusco raffreddamento climatico dell'intero pianeta causato dagli aerosol carichi di acido solforico immessi nella stratosfera dalle colonne convettive fuoruscite da gigantesche fessure eruttive; altri effetti collaterali risiederebbero in improvvisi cambiamenti nella composizione chimica, nella circolazione e nell'ossigenazione delle acque oceaniche.

Eruzioni esplosive

Le eruzioni esplosive (fig. 9) comportano una varietà di fenomeni e di prodotti molto articolata e complessa, che qui brevemente sintetizziamo. Il principale elemento discriminante tra i vari tipi di eruzioni esplosive è costituito dalla potenza delle esplosioni [approfondimento 11].

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Fig. 9 - Eruzione esplosiva.

Sulla scorta del comportamento eruttivo dei vulcani esplosivi, e quindi anche della natura dei prodotti emessi, si distinguono diverse categorie di eruzioni, di cui qui di seguito diamo un breve cenno.

3a. Eruzioni Stromboliane

Le eruzioni esplosive più moderate sono le Eruzioni Stromboliane (fig. 10), dal vulcano Stromboli nelle Isole Eolie, che si trova in questo tipo di attività da circa 2.000 anni, con eruzioni intermittenti a distanza di decine di minuti tra loro. Esse sono prodotte da magmi basaltici o andesitici di viscosità medio-bassa in cui l'essoluzione dei gas provoca la crescita di grosse bolle che si decomprimono in prossimità della bocca esplodendo e lanciando a qualche centinaio di metri di altezza bombe, blocchi, lapilli, ceneri e scorie [approfondimento 12].

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Fig. 10 - Esplosione dello Stromboli.

3b. Eruzioni Vulcaniane

Le eruzioni vulcaniane sono invece caratterizzate da esplosioni di più alta energia, in grado di proiettare blocchi e bombe di grandi dimensioni a notevoli distanze dalla bocca eruttiva, insieme all'emissione di alte e nere nubi di ceneri e di gas. Generalmente le esplosioni si susseguono ad intervalli ravvicinati e ciò si ritiene dovuto a risalite della pressione magmatica ogni qualvolta il condotto viene ostruito da una massa di lava solidificata. Il nome di questa tipologia eruttiva deriva dall'eruzione avvenuta nel 1888-90 al cratere della Fossa nell'Isola di Vulcano. Alcuni studiosi ritengono che nelle eruzioni vulcaniane, la frammentazione esplosiva del magma sia almeno in parte dovuta al contatto di quest'ultimo con acqua del sottosuolo che istantaneamente vaporizza. In tal caso le eruzioni vulcaniane sarebbero una varietà di eruzioni freatomagmatiche, di cui tratteremo in seguito.

3c. Eruzioni Pliniane

Le esplosioni vulcaniche raggiungono la loro massima potenza con le eruzioni pliniane (fig. 11), tra cui si annoverano le più violente e catastrofiche eruzioni esplosive della storia, come quella avvenuta al Vesuvio nel 79 d.C., che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia e la cui denominazione è stata scelta in onore di Plinio il Giovane che lasciò una dettagliata cronaca dell'eruzione riportata da Tacito.

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Fig. 11 - Eruzione pliniana.

I magmi responsabili delle eruzioni pliniane sono molto viscosi e a causa di questa caratteristica la coalescenza e la separazione verso l'alto delle vescicole gassose è impedita. La parte superiore della colonna magmatica si trasforma in un'emulsione gas-fluido con drastica caduta della densità ed aumento di volume anche di dieci volte rispetto a quello originario. La porzione emulsionata del magma viene proiettata a velocità supersonica dalla bocca vulcanica mentre nel magma sottostante si produce una reazione a catena che determina lo svuotamento della camera magmatica nell'arco di poche ore o di alcuni giorni.

Dal vulcano si eleva una colonna incandescente di gas e ceneri con dispersi brandelli lavici e frammenti rocciosi che sale di diverse decine di chilometri a causa della minore densità rispetto all'atmosfera ed in alcuni casi può raggiungere la stratosfera. La parte superiore della colonna si allarga quindi a forma di ombrello, da cui cade una fitta pioggia di ceneri, lapilli e pomici. Prima di risalire a formare l'ombrello, la porzione più densa della colonna può collassare a formare una colata di gas, brandelli lavici e polveri che discende caldissima, con temperature anche superiori ai 500° ed a grande velocità dai fianchi del vulcano con potenza distruttiva; essa può percorrere distanze di oltre cento chilometri prima di arrestarsi e consolidarsi. La pomice rappresenta il costituente più caratteristico di queste eruzioni, presente sia nei depositi di ricaduta aerea provenienti dall'ombrello, sia nelle nubi ardenti provocate dal collasso della colonna eruttiva. Essa si presenta come un deposito [approfondimento 13] di frammenti spugnosi, molto leggeri, solitamente di colore bianco o grigio, formati da vetro vulcanico frammisto a cristalli che costituisce le pareti di innumerevoli bolle di gas sfuggito durante l'eruzione.

3d. Eruzioni Peleane

Una variante delle eruzioni altamente esplosive è costituita dalle eruzioni peleane, che hanno luogo con magmi viscosi di composizione intermedia o acida come andesiti, daciti o rioliti. Le eruzioni di questo tipo sono precedute dal ristagno di un duomo o cupola lavica nella parte alta del condotto vulcanico e nel cratere. Quando la pressione interna dei gas magmatici supera quella di contenimento del duomo quest'ultimo viene parzialmente distrutto, dando luogo ad una frana o valanga di blocchi e ceneri incandescenti che scende a velocità relativamente modeste lungo i fianchi del vulcano. In alcune eruzioni peleane il duomo viene totalmente distrutto ed in tal caso la sua esplosione genera una nube ardente che si propaga ad altissima velocità radialmente attorno al vulcano oppure direzionalmente seguendo un tracciato preferenziale. In quest'ultimo caso si parla di esplosioni direzionali che sono altamente distruttive per la velocità con cui si propaga la nube ardente; un'eruzione di questo tipo è quella della Montagna Pelée nell'isola di Martinica (dalla quale prende il nome questo tipo di evento eruttivo), che distrusse interamente la città di Saint Pierre.

3e. Eruzioni Idrovulcaniche

Una tipologia molto diffusa di eruzioni esplosive è quella innescata dall'interazione tra acqua e magma, cui si dà il nome di attività idrovulcanica; in essa l'acqua può appartenere a falde idriche sotterranee oppure a bacini superficiali. La causa immediata delle eruzioni consiste in surriscaldamento, ebollizione, volatilizzazione, aumento della pressione di gas nell'acqua ed espansione esplosiva del gas così prodotto. L'energia calorifica del magma viene trasformata in energia meccanica che provoca l'esplosione [approfondimento 14].

I prodotti delle eruzioni idrovulcaniche si depositano comunemente a formare anelli poco rilevati di prodotti esplosivi che circondano un fondo piatto, solitamente occupato da una conca lacustre, conosciuto con il termine germanico di "maar" poiché queste forme vulcaniche sono molto diffuse nella regione dell'Eifel (fig. 12). Laddove le eruzioni siano più consistenti e continue, come nel caso di quelle freatomagmatiche, si possono formare più alti rilievi tronco-conici, cui si dà il nome di "coni di tufo".

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Fig. 12 - "Maar" dell'Eifel.

Fenomeni connessi al vulcanismo

Ricordiamo infine come le eruzioni non siano le uniche manifestazioni attive del vulcanismo: nelle aree in cui l'attività vulcanica si è estinta in tempi recenti o nei vulcani quiescenti ormai da lungo tempo le manifestazioni del termalismo vulcanico possono essere numerose e diverse, come i geyser [approfondimento 15], le fumarole [approfondimento 16] e le sorgenti calde [approfondimento 17].

Manifestazioni di termalismo vulcanico sono state osservate anche sul fondo degli oceani ed in particolare nelle dorsali medio-oceaniche dove danno luogo a colonne di fluidi che, grazie alla loro abbondanza ed all'elevata temperatura, riescono a risalire vistosamente tra le fredde acque degli abissi; si tratta di manifestazioni cui si dà il nome di "fumatori neri".

I VULCANI NELLA STORIA [approfondimento 18]

LE ERUZIONI VULCANICHE OGGI [approfondimento 20]