16. La storia degli Appennini

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La storia degli Appennini è legata alla formazione dell'Oceano Ligure Piemontese, nel Giurassico superiore, in cui si depositarono molti sedimenti che ora affiorano sulle nostre montagne. La chiusura di questo bacino, nell'Eocene superiore, diede inizio ad una successione di eventi tettonici di compressione e sollevamento che portarono alla formazione della catena.

Gli Appennini formano una complessa catena arcuata che si estende per circa 1500 km (fig. 1) da Genova (Liguria) a Trapani (Sicilia).

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Fig. 1 - Ricostruzione digitale dell'Italia.

Essa rappresenta il ramo del sistema di catene terziarie peri-mediterranee (fig. 2) che si interseca a NW con le Alpi Marittime e a SW con la catena maghrebide nordafricana. Insieme con le altre catene che circondano il Mediterraneo, anche gli Appennini si originarono dai movimenti reciproci della placca europea ed africana, o meglio dalla parte più settentrionale di quest'ultima, considerata o un suo promontorio settentrionale (detto Apulo) o una microplacca a sé stante. 

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Fig. 2 - Catene terziarie peri-mediterranee.

L'APERTURA DELL'OCEANO LIGURE-PIEMONTESE

La storia degli Appennini iniziò nel Triassico, quando il supercontinente Pangea cominciò a frammentarsi (capitolo 11. L'era Mesozoica: Triassico). Durante il Giurassico la placca africana si spostò verso Est relativamente alla placca europea presa come riferimento stabile (capitolo 11. L'era Mesozoica: Giurassico). Questi movimenti produssero uno stiramento con conseguente assottigliamento della crosta nell'area della Tetide sud-occidentale (capitolo 2. Tettonica delle placche). Da quel momento, la Tetide meridionale si estese verso occidente tra i due futuri continenti Africa ed Europa ed il mare incominciò ad invadere i loro margini, rispettivamente settentrionale e meridionale (trasgressione marina [approfondimento 64]).

Dapprima si formarono sabkhas [approfondimento 65] e bacini costieri evaporitici (capitolo 7. Le rocce e i minerali -  Rocce sedimentarie [approfondimento 30]) che, col tempo ed il procedere della trasgressione, furono sostituiti da depositi di mare via via più profondo (sedimenti di piattaforma e di bacino) che formeranno le sequenze mesozoiche dei futuri Domini appenninici di pertinenza continentale africana [approfondimento 66]. Nel tardo Giurassico questa fase di assottigliamento crostale e trasgressione marina fu seguita dall'apertura dell'Oceano Ligure-Piemontese (fig. 3) che produsse la definitiva separazione tra Africa ed Europa. Durante la fase di espansione di questo oceano, che durò fino al Cretacico inferiore/medio, sui suoi fondali si accumularono depositi fini di mare profondo che testimoniano di un periodo di relativa calma tettonica (capitolo 11. L'era Mesozoica: Cretacico). 

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Fig. 3 - Apertura dell'Oceano Ligure-piemontese.

LA CHIUSURA DELL'OCEANO LIGURE-PIEMONTESE

A partire dal Cretacico, l'apertura progressiva dell'Atlantico meridionale cambiò la direzione di movimento tra Europa e Africa che incominciarono a convergere fino alla loro definitiva collisione che fu la causa della formazione dell'Appennino (fig. 4).  

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Fig. 4 - Apertura dell'Atlantico meridionale.

La collisione avvenne probabilmente in tempi diversi. Nell'Appennino settentrionale avvenne nell'Eocene superiore (circa 35 milioni di anni fa) ed in quello Meridionale nell'Oligocene (tra 34 e 24 milioni di anni fa) come è dimostrato dall'età dei sedimenti depositatisi in discordanza al di sopra delle Unità deformate durante questa collisione. In questo lasso di tempo nell'Oceano Ligure, che si chiudeva progressivamente a causa della sprofondamento (detto subduzione) della litosfera oceanica al di sotto dell'Europa, sopra i depositi di mare profondo precedenti si sedimentavano spesse sequenze torbiditiche (fig. 5) che testimoniano un ambiente divenuto tettonicamente instabile. Nel loro insieme tutti i sedimenti che si sono depositati sulla litosfera oceanica, insieme con piccoli frammenti di quest'ultima (ofioliti) sfuggiti alla subduzione ed inglobati nelle sequenze sedimentarie soprastanti, costituiranno il Dominio Ligure della futura Catena Appenninica. La subduzione e completa consunzione della litosfera dell'Oceano Ligure portò al "raschiamento" dei sedimenti che venivano così accumulati nella zona di fossa, formando una proto-catena intensamente deformata: il cuneo di accrezione ligure che, tuttavia, rimase sommerso per vari milioni di anni (capitolo 3. La formazione delle montagne - Il cuneo di accrezione [approfondimento 6] ).

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Fig. 5 - Sequenze torbiditiche.

LE UNITÀ LIGURI

Questo primo nucleo di catena è il più interno (attualmente il più occidentale) e antico e, al proseguire dell'orogenesi, formerà le unità più alte della futura catena (Unità Liguri dell'Appennino settentrionale e Complesso Ligure [approfondimento 67] dell'Appennino meridionale); queste unità di pertinenza oceanica mancano invece in Sicilia. Questo ha portato ad ipotizzare che Apulia fosse un promontorio settentrionale dell'Africa piuttosto che una microplacca separata da quest'ultima (per mezzo di un oceano, che avrebbe lasciato tracce di sé attraverso le ofioliti).  

Sopra il cuneo ligure deformato, ma ancora sottomarino, si depositarono sequenze sedimentarie che sigillarono, con una discordanza stratigrafica [approfondimento 68], le fasi deformative che avevano precedentemente interessato le sottostanti Liguridi (Fasi Liguri). Queste successioni sedimentarie hanno nomi ed età diverse nell'Appennino settentrionale (successione epiligure [approfondimento 69]), Eocene sup. - Miocene sup. ed in quello meridionale (Formazioni di Saraceno e Albidona Miocene inf./medio) (capitolo 12. L'era cenozoica: Neogene). 

LE UNITÀ DI PERTINENZA CONTINENTALE

Successivamente alla collisione anche il margine continentale africano assottigliato, che faceva da transizione alla litosfera oceanica, iniziò a sottoscorrere al cuneo ligure. La sua copertura sedimentaria, raschiata via dal substrato e incorporata al di sotto delle Unità Liguri, forma l'Unità Subligure (o Complesso di Canetolo) dell'Appennino settentrionale, che può essere forse correlato alle Unità Sicilidi dell'Appennino meridionale e della Sicilia. 

A partire dall'Oligocene, inferiore a nord e superiore a sud, non è più la litosfera oceanica o di transizione ad essere subdotta ma la litosfera continentale (stadio continentale dell'orogenesi). Da questo momento si formarono progressivamente gli archi che caratterizzano i vari settori dell'Appennino.

La loro formazione è dovuta al fatto che, a partire dall'Oligocene, la Corsica e la Sardegna, chiamate Blocco Sardo-Corso, si staccarono dalla Francia e dalla Spagna ruotando in senso antiorario con fulcro di rotazione ubicato circa nell'attuale Liguria, spinte dall'apertura del bacino Balearico (fig. 6). La successiva apertura del Tirreno tra il Blocco Sardo-Corso e la Penisola italiana accentuò la rotazione di quest'ultima verso est, in tempi progressivamente più recenti da N a S. 

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Fig. 6 - Apertura del bacino Balearico.

E' qui importante sottolineare come gli attuali Mari Ligure e Tirreno siano bacini apertisi recentemente che niente hanno in comune con l'antico, e ormai definitivamente chiuso, Oceano Ligure- Piemontese. L'apertura di questi bacini nell'area di retro-catena (fig. 7) è generalmente attribuita a fenomeni estensionali in aree di retro-arco (fig. 8), legate alla subduzione- collisione appenninica, ma esistono anche altre interpretazioni per le quali, tuttavia, mancano a tutto oggi dati sicuri. 

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Fig. 7 - Area di retro-catena.

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Fig. 8 - Area di retroarco.

L'arco dell'Appennino settentrionale si stabilizzò nella sua posizione attuale intorno ai 15 milioni di anni fa mentre quelli più meridionali continuarono a svilupparsi fino a tempi più recenti, in particolare l'Arco Calabro-Peloritano [approfondimento 70].

La convergenza Africa-Europa presenta differenti ampiezze nei vari settori della catena. Questo perché la convergenza ha un andamento obliquo rispetto ai margini delle placche. I vari settori sono separati in archi da faglie a movimento trascorrente (capitolo 3. La formazione delle montagne - Pieghe e faglie [approfondimento 7] ). 

L'Appennino peninsulare è diviso in due archi, quello settentrionale e quello meridionale, separati da un sistema trascorrente a direzione NNE-SSW (linea Ancona Anzio). Entrambi questi segmenti di catena si dirigono a NE verso l'avampaese adriatico (fig. 9).

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Fig. 9 - Avampaese.

Nell'Appennino settentrionale l'avampaese subì un approfondimento precoce e quindi le successioni sedimentarie che diedero origine alle Unità di pertinenza continentale sono caratterizzate da sedimenti di ambiente bacinale, anche piuttosto profondo. Nell'Appennino meridionale ed in Sicilia, invece, l'avampaese è rappresentato da un'alternanza di piattaforme carbonatiche e successioni bacinali originatesi durante il rifting mesozoico (fig. 10).  

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Fig. 10 - Depositi di piattaforma carbonatica e sedimenti bacinali.

L'arco dell'Appennino meridionale e quello siciliano sono separati dall'Arco Calabro-Peloritano rispettivamente dal sistema trascorrente di Sangineto e dal sovrascorrimento di Taormina, che rappresentano due sistemi molto recenti e di interpretazione geodinamica ancora in parte incerta. Benché l'Arco Calabro-Peloritano sia geograficamente parte integrante del sistema orografico appenninico, esso è geologicamente molto diverso da quest'ultimo. E' infatti caratterizzato da un basamento cristallino paleozoico e porta i segni di una tettonica paleogenica, elementi entrambi assenti nell'Appennino meridionale (capitolo 12. L'era Cenozoica: Paleogene). L'Arco Calabro-Peloritano è bordato a SE dalla fossa ionica lungo la quale la placca africana viene subdotta, immergendosi a NW sotto l'arco stesso. Il Complesso Calabro-Peloritano è stato classicamente interpretato come una porzione del Dominio Austroalpino [approfondimento 71], vale a dire di pertinenza africana. In quest'ottica esso rappresenterebbe parte di una catena paleogenica, originariamente continua dalle Alpi occidentali al Nord Africa, passante per la Corsica settentrionale, l'Italia meridionale e la Sicilia. Più recentemente è stato invece interpretato come un residuo staccatosi dalla placca Europeo-Iberica e spostato verso sud ad opera di faglie trascorrenti. 

LA FORMAZIONE DELLE AVANFOSSE

Con lo stadio continentale dell'orogenesi, iniziato nell'Oligocene, incominciarono a formarsi le avanfosse, profonde depressioni che interessavano il margine in subduzione e bordavano il fronte esterno della catena, situate dunque tra quest'ultimo e l'avampaese ancora indeformato. 

Nell'Appennino settentrionale la prima e più interna avanfossa (Macigno, Oligocene sup. - Miocene inf.) fu colmata dai sedimenti che provenivano dalla catena alpina, già parzialmente emersa. Nell'Appennino meridionale ed in Sicilia, la prima avanfossa formatasi dopo la collisione fu colmata da querzareniti il cui detrito proveniva dallo smantellamento delle Arenarie Nubiane ampiamente diffuse sul continente Africano. Il Flysch Numidico (Oligocene sup. - Miocene medio) [approfondimento 72] è esteso, in modo praticamente continuo, da Gibilterra, attraverso il Marocco, l'Algeria, la Tunisia la Sicilia, fino all'Appennino meridionale. 

Al proseguire dell'orogenesi, queste prime avanfosse furono inglobate nella catena e se ne formarono altre più esterne e più giovani in un processo quasi continuo (fig. 11). In questo processo l'avanzamento della catena ingloba pertanto al suo fronte l'ultima avanfossa mentre si forma una depressione più esterna che viene riempita da sedimenti esotici (stadio di avanfossa) o derivanti dalla catena stessa (stadio di molassa). Poiché la catena rimase sommersa per gran parte della sua storia evolutiva, il riempimento delle avanfosse andò di pari passo con quello dei bacini che si formavano sopra alla catena stessa (bacini satellite) di cui la successione epiligure rappresenta l'esempio nell'Appennino settentrionale.  

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Fig. 11 - Avanfosse.

LA STORIA PIÙ RECENTE

Tutti questi movimenti portarono al sovrascorrimento delle Unità Liguri sui Domini di pertinenza continentale, che pure cominciarono a deformarsi. Nell'Appennino settentrionale la parte più occidentale (interna) del Dominio Toscano si scollò a livello dell'interfaccia tra basamento e copertura sedimentaria. Questa ultima (Falda Toscana) sovrascorse deformandosi e deformandolo, il settore più occidentale del Dominio stesso nell'Oligocene inferiore. Quest'ultimo fu quindi seppellito sotto le Unità Liguri, Subliguri e la Falda Toscana, fino a profondità tali da essere interessato da un metamorfismo di basso grado (capitolo 7. Le rocce e i minerali - Le rocce metamorfiche [approfondimento 31] ) (detto Nucleo metamorfico Apuano). Nell'Appennino meridionale il sovrascorrimento delle Unità Liguri sul margine continentale è databile al tardo Miocene-Pliocene iniziale, quindi molto più tardi che nell'Appennino settentrionale (capitolo 12. L'era Cenozoica: Neogene). Qui la parte frontale dell'edificio orogenico sovrascorse sull'avampaese Apulo che si fletté fino a formare la fossa Bradanica

La migrazione verso l'esterno (Est, come riferimento attuale) del sistema fronte della catena- avanfossa è accompagnato, come abbiamo visto, da processi estensionali che interessano il settore di retro-catena e la parte interna della catena (settore occidentale, come riferimento attuale) e che sono responsabili dell'apertura del Tirreno. Anche questi fronti estensionali hanno migrato verso est nel tempo, di pari passo con il fronte compressivo. L'estensione, con conseguente assottigliamento crostale delle aree interne della catena, ha dato origine ad un magmatismo (capitolo 1. L'interno della terra - Rocce della crosta [approfondimento 2]) (Toscana) e un vulcanismo recente (Italia meridionale e Sicilia) che è in gran parte ancora attivo (capitolo 4. I vulcani - Le eruzioni vulcaniche oggi [approfondimento 20]). Nel Tirreno meridionale l'assottigliamento crostale è proseguito fino alla formazione di litosfera oceanica del settore compreso tra la Sicilia, la Calabria e la Sardegna, il cui inizio è databile a circa 4 milioni di anni fa. 

Intorno a 5 milioni di anni fa, tutta l'area del Mediterraneo venne sconvolta da un evento che, dal punto di vista geologico, fu estremamente rapido. Per circa un milione di anni, la comunicazione con l'oceano Atlantico attraverso lo stretto di Gibilterra fu interrotta, a causa dei sollevamenti provocati dalla tettonica attiva che interessava l'area. Il bilancio negativo tra acqua apportata dai continenti ed evaporazione, (anche attualmente mantenuto in equilibrio solo dall'apertura di Gibilterra) causò l'evaporazione di tutta l'acqua marina e la formazione di potenti strati di sedimenti evaporitici di età messiniana (fig. 12).  

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Fig. 12 - Evaporazione durante il Messiniano.

Le evaporiti indicano che la salinità di un bacino è elevata e che l'evaporazione è maggiore dell'apporto di acqua dai fiumi. In questa fase cruciale nella storia del Mediterraneo si sono accumulati i sedimenti che costituiscono le rocce della Formazione Gessoso Solfifera. Queste formazioni si trovano nelle cosiddetta Vena del Gesso in Romagna (fig. 13) e negli strati di gessi risedimentati delle Marche e in Sicilia.  

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Fig. 13 - La vena del gesso.

Dopo circa un milione di anni di secca, nel Pliocene venne ripristinato il collegamento tra il Mediterraneo e l'Atlantico, ed il mare tornò a occupare il fondale ricoperto di evaporiti. La sua linea di costa arrivò probabilmente a lambire gli Appennini, conservando occasionali bracci di comunicazione tra le aree del Tirreno e dell'Adriatico. Con la graduale emersione della catena, l'area dell'attuale pianura Padana si riempì di sedimenti e quindi, durante il Quaternario vi fu un graduale ritiro (regressione) del mare pliocenico (fig. 14) (capitolo. 13 Il Quaternario).  

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Fig. 14 - Regressione marina.

La regressione non fu continua, ma intervallata da pulsazioni con piccoli avanzamenti (trasgressioni) che alternarono nello stesso bacino di sedimentazione depositi continentali e di tipo marino. L'attuale Mare Adriatico rappresenta dunque quello che rimane del mare pliocenico dopo la regressione ma anche l'attuale avanfossa appenninica e alpina, che accoglie i sedimenti smantellati da queste due catene.