Fig. 1 - Immagine della Terra vista da satellite.
Ia Terra (fig. 1), osservata dallo spazio dai primi astronauti, è stata chiamata "pianeta blu"; questo nome le deriva dalla tipica colorazione bianca e azzurra, dovuta alla presenza dell'atmosfera e soprattutto degli oceani.
Gli oceani ricoprono il 71% del globo terrestre, con una profondità media di circa 3800 m ed un volume stimato di 1,4 miliardi di chilometri cubici.
Qual è l'origine dell'acqua che riempie gli oceani, che si accumula sotto forma di ghiaccio nelle calotte polari, che alimenta i fiumi, che scorre dal nostro rubinetto di casa?
La risposta va ricercata nelle informazioni conosciute sulla formazione del nostro pianeta, a sua volta strettamente legata agli eventi che hanno dato vita al Sistema Solare. Come sappiamo, la Terra ha un'età di circa 4,6 miliardi di anni: a questa conclusione si è giunti grazie allo studio delle rocce lunari e di alcune meteoriti, che hanno permesso di colmare il "buco" temporale di circa 500-600 milioni di anni che separa la nascita del pianeta dall'età delle più antiche rocce conosciute, che risalgono, infatti, ad "appena" 3,96 miliardi di anni fa.
Poiché sono state scoperte rocce di origine marina di età molto simile a quella della "madre di tutte le rocce " (lo Gneiss di Acasta [approfondimento 37]), si è potuto fare un passo avanti: attorno ai 3,8-3,9 miliardi di anni fa era già possibile che gli strati rocciosi si deponessero sui fondali; gli oceani avevano dunque già fatto la loro comparsa sul globo terrestre.
Ma come era nata l'acqua che li formava? Gli studiosi hanno elaborato quattro teorie diverse.
1. La prima ipotesi è che l'acqua degli oceani sia stata sprigionata dall'interno del nostro pianeta.
Secondo la teoria "terrestre", l'acqua degli oceani deriverebbe direttamente (e solamente) dai fenomeni che hanno caratterizzato la nascita della Terra. La Terra si sarebbe formata per aggregazione di milioni di corpi (detti planetesimi) [approfondimento 1] in uno stato fuso o semifuso. Gli elementi chimici, presenti nei planetesimi, sarebbero poi "ricomparsi" nei prodotti delle eruzioni vulcaniche, ricombinati tra loro. Tra essi sarebbe stato presente anche il vapore acqueo.
A causa dell'evento di fusione a scala planetaria, l'acqua, che si trovava originariamente intrappolata nel reticolo cristallino di alcuni minerali (come le miche) venne "liberata", trascinata verso l'alto insieme alla lava, ed emessa all'esterno sotto forma di vapore acqueo. La condensazione di questi enormi volumi di vapore diede così origine alle prime piogge.
Condizione necessaria per consentire il progressivo accumulo dell'acqua piovana e la conseguente formazione di corsi d'acqua e infine di oceani, è che la superficie del pianeta fosse raffreddata al punto da consentire all'acqua di rimanere allo stato liquido. Inoltre, era necessario che fossero presenti depressioni all'interno e tra i continenti, affinché le masse d'acqua potessero accumularsi e scorrere.
E' probabile che questi primi fiumi scaricassero acqua all'interno di zone depresse della superficie terrestre, forse prodotte dall'impatto dei meteoriti che bombardavano il pianeta.
Ma come si è accumulato un volume d'acqua sufficiente a riempire gli oceani attuali?
Se si ipotizza che l'attività vulcanica nel passato geologico sia sempre avvenuta al ritmo che osserviamo oggi, allora il vapore acqueo rilasciato dalle eruzioni vulcaniche sarebbe stato sufficiente, nel corso di miliardi di anni, a generare tanta acqua da raggiungere i volumi attuali.
2. Questa ipotesi è stata messa in dubbio da alcuni scienziati, che hanno sottolineato la possibilità che sia avvenuto, nel passato geologico, un vero e proprio di "riciclaggio" dell'acqua derivata dai vulcani.
Secondo questa teoria, solamente una parte dell'acqua originata dai vulcani sarebbe andata a formare i primi oceani, mentre gran parte sarebbe stata rimessa in circolo dal meccanismo della tettonica delle placche (capitolo 2. Tettonica delle placche).
Nello scontro fra due placche può avvenire che una scivoli sotto l'altra, andando verso l'interno della Terra. Qui le elevate temperature e pressioni, fanno fondere i materiali della placca. Se ad andare in subduzione (capitolo 2. Tettonica delle placche) fosse stata una placca di crosta oceanica, l'acqua presente nei suoi sedimenti sarebbe stata "riciclata" nel nuovo magma formato, e rimessa nel circolo delle rocce ignee.
3. La terza teoria sostiene che l'acqua sia giunta sulla Terra direttamente dallo spazio.
Secondo i sostenitori di questa teoria, che si potrebbe definire "cosmica", gran parte dell'acqua che ha riempito gli oceani non deriverebbe dal degassamento del nostro pianeta, ma sarebbe arrivata direttamente dallo spazio poco dopo la nascita della Terra. Come ormai noto, colossali impatti di corpi celesti devono aver sconvolto la superficie terrestre nelle sue prime centinaia di milioni di anni di vita, così come è accaduto su Marte, Mercurio, Venere, e sulla Luna, sulla quale i crateri da impatto ancora visibili, a causa della mancanza di erosione.
Si trattava principalmente di corpi rocciosi quali i meteoriti, ma anche di corpi celesti ricchi di acqua sotto forma di ghiaccio: le comete (fig. 2). Queste avrebbero scaricato sulla Terra enormi volumi d'acqua, in parte rimandati nell'atmosfera in conseguenza dei tremendi impatti, ma in parte accumulatisi fino a formare gli oceani.
Fig. 2 - Immagine della cometa di Halley.
Come spesso accade nella scienza, nessuna di queste teorie è in grado di fornire una risposta del tutto soddisfacente; il modello che appare al momento più accettabile prevede che la prima acqua, e di conseguenza i primi oceani, abbiano una duplice origine: quella interna, generata dal degassamento del globo terrestre, combinata con quella esterna, prodotta dagli impatti delle comete, che si verificarono fino a 3,9 miliardi di anni fa.
4. Una teoria alternativa a quelle ufficiali è stata formulata, nel 1986, da Louis Frank, fisico dell'Università dell'Iowa che, esaminando i dati registrati da una sonda spaziale della NASA, ha osservato la presenza di singolari macchie nere nella porzione più elevata dell'atmosfera terrestre. Nel 1997, grazie ai dati provenienti da un'altra sonda spaziale della NASA, lo studioso ha ipotizzato che queste macchie nere siano piccole comete dal diametro medio di 9-10 m che, dirette verso la Terra, impatterebbero contro l'atmosfera, vaporizzandosi all'istante.
Secondo i calcoli di Frank, questa "pioggia" di comete avverrebbe al ritmo impressionante di 20 impatti al minuto, per un totale di circa 10 milioni di impatti all'anno. Si formerebbe così vapore acqueo sufficiente a scaricare 0,0025 mm di acqua all'anno sulla superficie terrestre. Si tratta di una quantità modesta ma che sarebbe stata in grado, nel corso di più di 4 miliardi di anni, di colmare gli oceani attuali e di porre le basi per la nascita della vita sul Pianeta.
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