Approfondimento 18 – I vulcani nella storia

I vulcani hanno sempre colpito l'immaginazione popolare tanto che, sin dai tempi più remoti e nelle più diverse civiltà e culture, essi sono stati oggetto di numerosissimi miti, leggende e cerimonie rituali che ancor oggi, almeno in parte, rimangono.

Testimonianze dall'antica Grecia

Se vogliamo cercare le prime testimonianze storiche del vulcanismo dobbiamo rivolgerci ai filosofi, poeti e matematici greci dei primi sei secoli a.C., come Talete, Eschilo, Pindaro, Empedocle, Platone e Strabone che riferivano prevalentemente alle loro osservazioni sulle attività eruttive del Monte Etna, da cui traevano lo spunto per elaborare interpretazioni e teorie sull'origine dell'attività vulcanica. Conviene inoltre ricordare che Platone ci racconta dell'improvvisa scomparsa di un intero continente e di tutti i suoi abitanti, gli Atlanti, inghiottiti dal mare insieme alle loro città. Oggi sono numerosi gli studiosi che ricollegano la scomparsa di Atlantide con il cataclisma vulcanico che, all'incirca nel 1620 a.C., fece inabissare nel Mediterraneo gran parte dell'isola greca di Santorino in seguito ad una rapida successione di esplosioni ritenute le più violente tra quelle avvenute negli ultimi tremila anni.

Testimonianze romane

Nel primo secolo a.C. anche i poeti e studiosi romani come Virgilio, Ovidio e Vitruvio ci lasciano cronache precise e meno fantasiose di quelle dei greci sulle eruzioni dell'Etna.

La prima descrizione di un'eruzione vulcanica redatta con precisione e veridicità scientifica si deve a Plinio il Giovane (61-114 d.C.) ed è contenuta in due lettere inviate allo storico romano Tacito nelle quali viene illustrata la gigantesca eruzione vesuviana del 79 d.C. che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia. Nella sua descrizione Plinio il Giovane tratta con sorprendente chiarezza i principali fenomeni che caratterizzano quel tipo di eruzione altamente esplosiva: le scosse sismiche premonitrici, l'elevarsi della gigantesca colonna eruttiva sopra il vulcano ed il suo aprirsi verso l'alto in forma di pino italico, la fitta ricaduta di ceneri e pomici, il flusso impetuoso delle nubi ardenti, le esalazioni gassose e le onde di maremoto.

Dalla caduta dell'Impero romano all'Illuminismo

Con il declino dell'Impero Romano si ridusse fortemente anche l'interesse per i vulcani, e le notizie storiche sulla loro attività divengono documenti rari e preziosi; si dovrà attendere fino al secolo XVIII per riavere una sistematica descrizione dei più importanti avvenimenti naturali tra cui quelli vulcanici. Per i vulcani italiani ci rimangono comunque testimonianze di grandi eruzioni avvenute al Vesuvio ed all'Etna nonché della nascita di un nuovo vulcano nei Campi Flegrei.

- Vesuvio. Il Vesuvio ha fatto registrare nel 472 un'eruzione esplosiva di tipologia e potenza pari a quella del 79 d.C.; un'altra poderosa eruzione pliniana del Vesuvio, è avvenuta nel 1631 con effetti disastrosi che condussero alla morte di circa 4000 persone.

- Etna. Per l'Etna abbiamo notizia di numerose eruzioni laviche di forte intensità e persistenza ed anche di qualche episodio esplosivo di potenza moderata; ricordiamo tra queste eruzioni quella avvenuta nel 1669 quando, sul fianco meridionale del vulcano presso Nicolosi, si aperse una grande frattura da cui sgorgò un flusso lavico che abbattè le mura di Catania e devastò parte della città, dopo aver ricoperto una superficie di 37 Kmq.

- Nascita del Monte Nuovo. La nascita del Monte Nuovo prese origine all'una di notte del giorno 29 Settembre 1538 presso l'abitato di Tripergole, sulle rive del Lago d'Averno; in pochi giorni le eruzioni, provocate dall'interazione tra il magma e l'acqua superficiale, portarono alla costruzione di un cono di ceneri e pomici, alto circa 130 metri.

In altri paesi le notizie storiche sull'attività dei vulcani prima del '700 sono ancora più scarse e generalmente limitate ad eruzioni di grande potenza, responsabili di grandi distruzioni e stragi. Ricordiamo tra esse l'eruzione del vulcano Misti in Perù di cui venne tramandata oralmente per 150 anni, prima di venire trascritta, una terrificante sequenza di terremoti e di esplosioni che in un momento imprecisato tra il 1440 ed il 1470 distrusse la città di Arequipa con tutti i suoi abitanti; la colata piroclastica discesa dal vulcano Merapi nel centro dell'Isola di Giava in Indonesia che, nel 1672, uccise 3000 persone; una grande eruzione pliniana avvenuta nel 1663 in corrispondenza del vulcano Usu nell'isola di Hokkaido in Giappone; numerose eruzioni pliniane e vulcaniane originate dal vulcano Guagua Pichincha in Ecuador tra i secoli XVI e XVII, una delle quali, avvenuta nel 1660, ha arrecato gravi danni alla capitale Quito; varie segnalazioni storiche di eruzioni di vulcani del Messico e dell'America Centrale lasciataci dai conquistatori spagnoli nel secolo XVI; varie cronache storiche di eruzioni esplosive di vulcani giapponesi tra cui quella avvenuta nel 553 d.C. nella caldera di Aso, la prima di una serie ininterrotta di eruzioni protrattesi fino ai nostri giorni, che inducono a considerare questo vulcano come uno dei più attivi e pericolosi del Giappone.

Dall'Illuminismo ad oggi

Alla ripresa della ricerca scientifica, coincisa con l'epoca dell'Illuminismo, fiorirono anche le ricerche vulcanologiche, trascinate da una grande contesa che divideva il mondo degli studiosi di Geologia in due opposte fazioni: quelle dei Nettunisti e dei Plutonisti. I primi affermavano che la Terra fosse stata a lungo ricoperta da un unico oceano primordiale sul cui fondo si sarebbero depositate tutte le rocce che noi conosciamo, ivi comprese quelle che oggi consideriamo come rocce magmatiche. I vulcani sarebbero stati accidenti secondari la cui esistenza si deve a fenomeni di combustione del carbone con fusione delle rocce circostanti. I Plutonisti pensavano invece che la dinamica terrestre fosse innescata dal suo calore interno e che i vulcani ne fossero la migliore documentazione. Vinse la seconda delle due fazioni quando, verso la fine del '700 numerosi Nettunisti si sparsero per il mondo alla ricerca di prove per la loro teoria e molti di essi tornarono delusi e pentiti, passando alla fazione nemica. Tra questi vi erano studiosi di grande prestigio come il naturalista Von Humgrassettot che visitò e descrisse numerosi vulcani del Nuovo Mondo e Von Buch, suo amico e geologo alquanto rinomato, che reinterpretò il Vesuvio, i vulcani spenti dell'Alvernia in Francia e quelli della Scozia e delle Canarie come prodotti dal calore profondo della Terra e non, come egli stesso aveva prima affermato da nettunista, come oggetti di origine acquea.

Con l'affermarsi del metodo scientifico anche nel campo della vulcanologia il Vesuvio riprese l'interesse che meritava ad opera di Lord William Hamilton (1730-1803) ambasciatore d'Inghilterra nel regno di Napoli, personaggio eclettico, amante della musica, della danza, dell'archeologia e dei vulcani. Oltre all'osservazione diretta delle eruzioni del Vesuvio ed alla loro interpretazione Hamilton si rivolse allo studio delle sue colate più antiche, allo scopo di ricostruire la storia e l'evoluzione del vulcano; giunse così alla conclusione che l'eruzione pliniana del 79 d.C. non fu provocata dal Vesuvio ma da un più antico vulcano che lo racchiude a semicerchio verso nord, il Monte Somma.

Nel 1831 Charles Darwin si imbarcò per un viaggio di esplorazione naturalistica nel Sudamerica e nelle isole del Pacifico, spingendosi fino alla Nuova Zelanda; in questo viaggio osservò e descrisse numerosi vulcani ma la sua attenzione si rivolse soprattutto a quelli delle Isole Hawaii, il Mauna Loa ed il Kilauea, che a tutt'oggi sono considerati un laboratorio vulcanologico molto pregevole. Col viaggio di Darwin si può considerare conclusa l'epoca della vulcanologia esplorativa e romantica e si apre quella dello studio sistematico e analitico dei vulcani, anche attraverso l'installazione di osservatori attrezzati per il monitoraggio continuo e lo studio della loro attività.

Questi progressi della vulcanologia ci hanno messo a disposizione descrizioni molto accurate delle numerose grandi eruzioni avvenute in tutti i continenti nel corso degli ultimi 250 anni [approfondimento 19].

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