15. La storia delle Alpi

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La catena Alpina ha avuto origine a partire dal cretacico (fase eoalpina:130-70 milioni di anni fa) a causa dello scontro lentissimo, ma inarrestabile, di placche litosferiche appartenenti alle zolle continentali eurasiatiche e indoafricane, che serrarono in una gigantesca morsa sedimenti marini e i territori tra loro interposti.

La catena delle Alpi fa parte di una grandiosa fascia orogenica, in forte rilievo sulle terre circostanti, derivata dal corrugamento alpino- himalayano. Questi possenti risalti morfologici, insieme a quelli delle Cordigliere americane (Montagne Rocciose e Cordigliera delle Ande) comprendono le montagne più alte ed imponenti di tutto il pianeta Terra.

La catena supera i ventimila chilometri di lunghezza, partendo dallo Stretto di Gibilterra fino all'Arcipelago della Sonda, arrivando ad una larghezza di circa mille chilometri in corrispondenza dell'area tibetana.
I sistemi montuosi principali a iniziare da ovest, sono rappresentati dalla Catena Betica e Sierra Nevada, dal Rif e dall'Atlante del Teli algerino, dai Pirenei, dagli archi delle Alpi e dell'Appennino, dalle Alpi Dinariche e dall'Arco carpatico, Balcani, Pindo, Peloponneso, Anatolia coi monti del Ponto e del Tauro, il Caucaso, gli Zagros, l'Hindukush, il Karakoram, l'Himalaya e dopo una secca deviazione verso sud, la catena si sviluppa sfilacciandosi nei monti dell'Indocina fino a tuffarsi nel Mare della Sonda (fig. 1).  

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Fig. 1 - Catene dell'area del Mediterraneo.

Questa poderosa catena di monti costruita da parecchi milioni di chilometri cubi di rocce di svariato tipo, ha avuto origine alcune decine di milioni di anni or sono, a causa dello scontro lentissimo, ma inarrestabile di placche litosferiche appartenenti alle zolle continentali eurasiatiche e indoafricane che serrarono in una gigantesca morsa sedimenti marini e territori interposti per notevoli profondità. 

LE ALPI 

La catena alpina propriamente detta è limitata dai Geologi verso ovest con la linea-frattura Sestri-Voltaggio, più o meno secondo il meridiano di Genova. Essa è bruscamente interrotta in corrispondenza del settore nord-occidentale dell' Appennino, mentre ad est si smorza col "bacino di Vienna" e con la pianura ungherese che la dividono dalle Alpi Dinariche a sud e dai Carpazi ad est. 

Le Alpi, lunghe circa mille chilometri, disegnano un arco molto accentuato nella parte occidentale, per distendersi ed allargarsi nel settore orientale, in corrispondenza delle Caravanche e delle Prealpi Stiriane. L'ampiezza maggiore, tra i Monti Lessini e la Prealpi Bavaresi, supera di poco i duecento chilometri.

L'interno dell'arco alpino è occupato dal "bacino del Po", riempito di depositi terziari e quaternari derivati dall'erosione delle catene alpina ed appenninica e trasportati in un mare interposto tra i due nascenti rilievi.

A nord la catena è bordata dalla cosiddetta "zona molassica" della Svizzera e della Baviera, che va restringendosi verso ovest-sud ovest, quando le pieghe dei rilievi del Giura si avvicinano a fondersi con quelle dell'arco alpino nelle Prealpi della Savoia. Anche questi sedimenti sono dovuti in gran parte alla demolizione per erosione della nascente catena alpina.

Tutte le montagne dell'area mediterranea, le Alpi, gli Appennini, i monti del Marocco, quelle dell'area dalmata, della Grecia e della Turchia, sono il risultato della collisione tra due placche litosferiche a crosta continentale (capitolo 3. La formazione delle montagne).

Ma partiamo da più lontano. Alla fine del Carbonifero, circa 300 milioni di anni fa, una vecchia catena orogenetica insediata nell'Europa centrale, quella Ercinica, concludeva la sua esistenza (capitolo 14. Le orogenesi). Spianata dall'erosione, essa diveniva parte integrante di un megacontinente, la Pangea, che in seguito cominciò ad essere ricoperto di nuovi sedimenti, dapprima continentali, poi marini. Infatti, dall'inizio del Triassico (245 Ma) un vasto mare, la Tetide, invase i nostri territori, allargandosi verso oriente (fig. 2a-e "Evoluzione dei continenti dalla formazione della Paleotetide (circa 200 Milioni di anni fa) fino all'orogenesi alpina."), ma la Pangea in questo periodo mantenne la sua unità e acque poco profonde ricoprivano una crosta continentale continua. Nel Giurassico, tra 200 e 150 milioni di anni fa, movimenti relativi dell'attuale Africa rispetto all'Eurasia creavano almeno due grosse fratture orientate est-ovest, spezzando l'unità della Pangea ed isolando alcune placche intermedie, l'Iberia, l'Adria-Apulia, e le Pelagonidi-Menderes (più orientali, ma pur sempre mediterranee).  

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Fig. 2a - tempo 0

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Fig. 2b - tempo 1

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Fig. 2c - tempo 2

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Fig. 2d - tempo 3

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Fig. 2e - tempo 4

Il senso di movimento dell'Eurasia era verso ovest, quello dell'Africa verso est. Queste placche furono progressivamente separate da fasce di mare che assunsero, via via in modo sempre più netto, le caratteristiche di veri fondi oceanici; ad occidente il proto-Atlantico e in progressione: l'oceano Ligure-Piemontese, l'oceano Dinarico e quello di Vardar. Gli ultimi tre erano verosimilmente collegati tra loro a settentrione da un ramo orientato in senso est-ovest. La storia delle Alpi si sviluppò attorno all'oceano Ligure-Piemontese ed alla sua coda nord-orientale (fig. 3).

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Fig. 3 - Apertura dell'Oceano Ligure-piemontese.

Alla fine del Giurassico, dunque, due placche continentali, la settentrionale paleoeuropea e la meridionale paleoafricana, iniziarono ad entrare in collisione, separate da un tratto di mare il cui fondale era costituito da crosta oceanica e da sedimenti di mare profondo. Infatti la fascia di rocce corrugate che forma l'arco alpino deriva dalla compressione irregolare dei sedimenti che si erano accumulati sul fondo e sui bordi di un oceano ampio probabilmente più di mille chilometri che raggiunse la sua massima espansione durante il Giurassico medio- superiore. L'intermedia area oceanica fu costretta a scorrere, verso sud, sotto il blocco africano, instaurando un processo di subduzione e la successiva formazione della catena alpina. Gli strati di sedimenti appoggiati sopra le lave basaltiche del fondo oceanico, ormai diventati rocce attraverso lente fasi di trasformazione, e le rocce carbonatiche che si erano sviluppate soprattutto sul bordo del continente meridionale, sovrascorsero la cicatrice oceanica che divideva le due zolle e finirono in parte sopra il continente settentrionale (Paleoeuropa). Lembi di fondo marino, costituiti da litosfera oceanica e dalla successione sedimentaria che la ricopriva si trovano smembrati e ripiegati all'interno dell'edificio alpino, sotto forma di brandelli di rocce verdi note come ofioliti [approfondimento 57], che contribuiscono a rendere molto complicata la comprensione della struttura della catena [approfondimento 58]. Una volta consumata tutta la crosta oceanica, il processo cominciò ad interessare il margine del continente settentrionale (europeo), e numerosi frammenti di esso si staccarono per formare le prime coltri di ricoprimento (Eocene superiore).

Infine la zolla litosferica africana, scollata ad una profondità di circa 100 chilometri, sovrascorse fino a formare la parte sovrastante dell'edificio alpino. 

Già nel Cretacico, il processo di subduzione, iniziato forse alla fine del Giurassico o poco dopo, portò rapidamente alla consunzione del fondo oceanico, alla collisione della placca europea con quella africana e addirittura alla subduzione della prima sotto la seconda (fase eoalpina [approfondimento 59],  130-70 milioni di anni fa). Questo incastro determinò, come caratteristici effetti, la deformazione plastica delle porzioni subdotte, le più profonde (il dominio Pennidico), nonché il sovrascorrimento verso ovest e nord-ovest di ampie scaglie rigide di porzioni superficiali del dominio Austroalpino. Con ogni probabilità, fin da questo periodo nel Sudalpino cominciarono a formarsi dei retroscorrimenti volti verso sud o sud-est.

Attualmente le Alpi sono divise in due porzioni da una importante linea tettonica (fig. 4), la Linea Insubrica, che le attraversa in senso est-ovest. Essa divide le Alpi in meridionali e settentrionali. A nord di essa troviamo: i terreni del dominio Pennidico, essenzialmente nel settore occidentale; i terreni del dominio Austroalpino, soprattutto ad oriente. A meridione il dominio Sudalpino. Questo sistema di faglie rappresenta la cicatrice terminale nata dallo scontro tra la Placca Africana e quella Europea. 

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Fig. 4 - Linea Insubrica.

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In concomitanza con la subduzione e nelle fasi immediatamente successive di riemersione dei materiali subdotti, si sviluppò un caratteristico metamorfismo di alta pressione e bassa temperatura nei terreni Pennidici e Austroalpini inferiori ed un metamorfismo di pressione meno alta in quelli Austroalpini (capitolo 7. Le rocce e i minerali - Le rocce metamorfiche [approfondimento 31]). 

I movimenti ebbero un successivo forte impulso verso la fine dell'Eocene, tra 45 e 35 milioni di anni fa (fase mesoalpina), con ampia ripresa della traslazione delle falde verso nord e loro ricoprimento del flysch cretacico-eocenico. 

L'attività tettonica compressiva ebbe una pausa nell'Oligocene. La catena, soggetta comunque ad una spinta generalizzata verso l'alto, fu ulteriormente erosa e i detriti furono sparsi fuori della stessa, in prevalenza sul versante europeo, formando la cosiddetta Molassa. In questa fase di rilassamento poterono intrudersi alcuni grossi plutoni, come l'Adamello ed il Val Masino-Bregaglia, nonché sciami di filoni (fig. 5 ). Le azioni compressive ripresero ad agire vigorosamente successivamente a 30 Ma (fase neoalpina), accompagnate da notevoli movimenti relativi delle due parti separate dalla Linea Insubrica: quella settentrionale si spostò verso destra rispetto a quella meridionale (trascorrenza destra). Il blocco settentrionale inoltre si sollevò sensibilmente rispetto a quello meridionale. La storia successiva delle Alpi è rappresentata dalla sua ulteriore frammentazione, dal suo sollevamento alla velocità media di circa un millimetro l'anno, e dalla sua erosione. 

 

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Fig. 5 - Magmatismo della catena alpina.

STRUTTURA DELLE ALPI

La catena è suddivisa in tre parti: Alpi occidentali, centrali e orientali. Tre grandi insiemi sedimentari e tettonici con caratteristiche paleogeografiche assai diverse partecipano alla architettura della catena in misura determinante, anche a livello di "Domini geologici". 

Questi vengono cosi riconosciuti dall'esterno all'interno dell'arco alpino:
- Dominio elvetico-delfinese (europeo)
- Dominio pennidico (oceanico)
- Dominio austro e sudalpino (apulo o africano) (fig. 6 )  

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Fig. 6 - Schema strutturale delle Alpi.

Schematizzando la conformazione geometrica e fisica delle Alpi, queste grandi unità paleogeografico-strutturali risultano sovrapposte nell'ordine dalla prima, di natura europea alla terza di "origine africana". Il Dominio pennidico interposto è derivato da quell'oceano ligure-piemontese, nella parte occidentale della Tetide, che staccò nettamente l'Adria (o Apulia) dall'Europa (paleo-), prima di 165 milioni di anni, età dei primissimi sedimenti silicei a Radiolari (radiolariti) che si depositarono all'apertura di quell'oceano ligure-piemontese.  

E' necessario sottolineare che la complicata struttura alpina non è dovuta ad un unico movimento di compressione, ma la sua orogenesi deriva da più fasi tettoniche, prima durante il Cretacico, poi nel Terziario. In alcune aree poi, un metamorfismo regionale di età terziaria ha interessato parecchie formazioni geologiche, soprattutto del Dominio pennidico, in qualche modo nucleo centrale ed assiale della catena alpina, modificandole e trasformandole profondamente si da renderle quasi irriconoscibili ad una osservazione superficiale. 

ALPI MERIDIONALI

Le Alpi Meridionali rappresentano i terreni dell'antico margine africano-adriatico e mostrano una forte analogia con i terreni della coltre Austroalpina, con i quali si trovavano in continuità stratigrafica e paleogeografica. 

Dal punto di vista strutturale il sudalpino è caratterizzato da una serie di pieghe-faglie con piani di rottura anche molto inclinati e sovrascorrimenti, di estensione limitata, nell'area dolomitica. Veri sovrascorrimenti si osservano nell'area friulana, senza forte alloctonia, ovvero trasporto di terreni su altri riferibili ad ambienti diversi, come nel caso delle coltri di ricoprimento [approfondimento 61]. Sono inoltre presenti una serie di fratture trasversali che però si esauriscono contro la crosta alpina. 

La parte più interna delle Alpi Meridionali è il Canavese, cui segue la Ruga Insubrica e la Catena Orobica, che rappresentano la prosecuzione verso sud-ovest dell'Austroalpino centrale e che costituiscono il basamento cristallino su cui si sono impostati i depositi del 'bacino lombardo" affioranti a sud, caratterizzati da una successione di terreni marini pelagici di età giurassico-cretacica. Verso est, oltre la linea delle Giudicarie, sono presenti sedimenti di piattaforma carbonatica e marino-pelagici dell'Alto di Trento, cui seguono quelli del bacino bellunese (giurassico-cretacici) ed infine i depositi di piattaforma dell'alto Friulano. La classificazione delle diverse aree in funzione dei paleoambienti [approfondimento 62] è resa possibile da un'analisi di dettaglio delle successioni rocciose affioranti. 

SEZIONI DELLE ALPI [approfondimento 63