Il termine ofiolite (dal greco ophis = serpente e lithos = roccia), venne attribuito all'inizio del XIX secolo dal naturalista francese Brongniart agli ammassi rocciosi di colore verde scuro, lucenti, composti prevalentemente da un gruppo di minerali chiamati serpentini. Attualmente, con ofioliti si indica una precisa successione di rocce mafiche o ultramafiche, cioè rocce ignee composte prevalentemente da minerali scuri, come olivine, pirosseni e anfiboli.
In una sequenza ofiolitica completa, dal basso all'alto si trovano le seguenti rocce:
1 - complesso basale ultramafico (peridotiti), "metamorfosato"
2 - complesso gabbrico (con tessiture cumulitiche)
3 - complesso di dicchi mafici stratiformi
4 - complessi di lave basaltiche a pillows
5 - sedimenti silicei
Fig. 1 - Schema di una successione ofiolitica.
Fin dall'inizio del 1900, i geologi riconobbero delle analogie tra le abbondanti ofioliti alpine e la litosfera oceanica, somiglianza confermata negli anni '60 con lo sviluppo delle ricerche oceanografiche. Da allora, questi brandelli di fondo oceanico sono stati intensamente studiati, non solo per capire attraverso le analogie la composizione degli attuali fondali marini, ma anche per interpretarne le differenze e comprendere i meccanismi che le avevano portate dal fondo dell'oceano alle vette alpine.
Le ofioliti sono abbondanti in quasi tutte le catene montuose formatesi dalla collisione fra due continenti (fa eccezione l'Himalaya). Brandelli dell'antico fondo della Tetide che separava il continente Eurasiatico da quello Africano affiorano sulle Alpi Dinaridi, nell'Appennino ligure-emiliano e in quello meridionale calabrese, all'Isola d'Elba e a Cipro. Dal momento che la loro posizione è stata raggiunta attraverso prolungate fasi di trasporto e compressione, questi ammassi di rocce sono spesso molto deformati e raramente presentano la successione completa.
Le ofioliti presentano alcune importanti differenze rispetto alla litosfera degli attuali fondi oceanici. In primo luogo, lo spessore delle rocce ignee (gabbri e basalti) è ridotto (circa max 2 km) rispetto a quello che si trova nei fondali oceanici (circa 4-7 km). Quindi, la crosta oceanica spinta sopra quella continentale nel corso dell'orogenesi alpina doveva essere molto più sottile di quella attuale.
La seconda differenza consiste nel fatto che, sopra i basalti, le ofioliti hanno rocce sedimentarie, i diaspri, formate da silice microcristallina (calcedonio) o amorfa (opale), mentre nei sedimenti oceanici attuali si trovano in questa posizione rocce di tipo carbonatico. La silice contenuta nell'acqua marina deriva principalmente da particelle detritiche trasportate dai fiumi e dall'alterazione di materiale vulcanico e argilloso. Il silicio viene utilizzato da alcuni organismi per la costruzione delle loro parti dure, gusci o scheletri, che poi precipitano sul fondo dell'oceano dove si accumulano.
I principali organismi dai quali derivano le spoglie silicee sono i radiolari, protozoi microscopici comparsi nel Cambriano e oggi diffusi tra 50 e 200 m di profondità, che attualmente costituiscono i diaspri delle ofioliti. La silice contenuta nei diaspri non è cristallizzata (quarzo) ma è amorfa.
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