Transizione ecologica e cambiamenti climatici

Gli effetti del cambiamento climatico sull'economia italiana

17 studi scientifici commissionati dalla Banca d’Italia fanno il punto sull’impatto del climate change sull’economia nazionale

L’impatto della crisi climatica sull’economia italiana colpirà due settori in particolare: agricoltura e turismo. Ovviamente, anche l’industria risentirà dell’aumento delle temperature globali. È quanto emerge dal rapporto “Gli effetti del cambiamento climatico sull’economia italiana” commissionato dalla Banca d’Italia.

Gli impatti sul sistema agricolo nazionale. L’agricoltura italiana svolge un ruolo significativo su diversi comparti dell’economia nazionale, pensiamo per esempio all’agroindustria e al settore della ristorazione. Inoltre, i prodotti agricoli italiani rappresentano una quota importante (oltre l’80%) del consumo finale di beni primari da parte delle famiglie. Per questo motivo a ogni modifica di quantità e prezzi agricoli è da associarsi un impatto sul benessere dei cittadini.

Secondo la ricerca della Banca d’Italia, che analizza diversi scenari di aumento medio della temperatura, con temperature medie superiori a 28°C-29°C bisogna aspettarsi una perdita consistente delle rese di mais e di grano duro; con oltre 32°C sarà anche il settore del vino a subire in modo negativo gli effetti della crisi climatica.

C’è da dire che per queste tre colture fino al 2030 gli impatti potrebbero essere contenuti - per il mais, per esempio, con uno scenario medio di global warming la resa potrebbe scendere tra lo 0,8% e il 6% -, oltre questo decennio le cose potrebbero però peggiorare drasticamente se non dovessimo porre un freno al fenomeno del riscaldamento globale.

Turismo invernale a rischio. Il settore turistico è quello che nel breve termine risentirà maggiormente della crisi climatica, soprattutto per quanto riguarda il comparto montano altamente sensibile a precipitazioni nevose e aumento della temperatura. Parliamo di uno dei principali segmenti del settore turistico italiano, basti pensare che prima dell’inizio della pandemia circa il 13% dei pernottamenti alberghieri in Italia era concentrato in località di montagna e che la spesa dei viaggiatori stranieri era di circa due miliardi di euro (su un totale di oltre 28 miliardi di euro).

I risultati che emergono dallo studio mostrano in media che a un metro in meno di neve nel corso della stagione è associato a una diminuzione dell’1,3% di passaggi negli impianti (a parità di altre condizioni). Se guardiamo alle proiezioni al 2100, dove è previsto un calo delle precipitazioni nevose tra il 30% e il 45%, viene evidenziato che a una riduzione del 40% della quantità di neve in una stagione va associata una riduzione del 7% di passaggi negli impianti, percentuale che potrebbe essere ben più severa nelle località che si trovano più a bassa quota.

Per approfondire: Scarica il rapporto completo

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ultima modifica 2022-11-14T10:59:38+01:00
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