Difesa del suolo, costa e bonifica

Note piano Navile Savena

AdB Reno – Piano sistema idraulico Navile-Savena Abbandonato

Piano Navile Savena

 

NOTE RELATIVE AGLI OGGETTI ED AI TEMATISMI DEL PIANO

 

 

 

 

NOTE RELATIVE ALLE PRESTAZIONI

Un qualsiasi sistema idraulico sottoposto a determinate azioni “reagirà”, a seconda delle sue caratteristiche funzionali, in un determinato modo: si stabilirà un certo regime idraulico, si produrranno certi effetti sul territorio e sul sistema idraulico stesso, ecc..

L’insieme delle “risposte” di un sistema idraulico a determinate “sollecitazioni” (quali ad esempio determinati eventi di pioggia o l’immissione nei corsi d’acqua di elementi inquinanti) costituisce l’insieme delle prestazioni caratterizzanti funzionalmente il sistema stesso. Tale insieme di prestazioni può essere quindi anche visto come lo strumento per “misurare” in modo certo ed oggettivo la capacità di un sistema idraulico di rispondere idoneamente a specifiche esigenze. Ne consegue che ogni prestazione dovrà essere espressa mediante uno o più parametri fisici misurabili: il valore che tali parametri assumeranno costituirà il livello della prestazione considerata. Tale valore non avrebbe però alcun significato se non venisse codificato il metodo con il quale esso viene ricavato. E’ opportuno sottolineare a tal proposito che cambiando il metodo di misura dei parametri mediante i quali viene espressa una determinata prestazione cambia anche il significato della prestazione stessa.

Per tali motivi ogni prestazione dovrà pertanto essere espressa mediante la definizione:
- delle esigenze che la prestazione in oggetto può soddisfare o contribuire a soddisfare;
- dei parametri fisici che rappresentano la prestazione;
- dei metodi di verifica, cioè di misura, dei parametri suddetti.

La misura delle prestazioni di un sistema idraulico è forse la questione più difficile da affrontare in questo campo.
La difficoltà nasce dal fatto che in molti casi è da escludere una misura diretta (prova in opera) di tutte quelle prestazioni che, come si vedrà meglio in seguito, sono riferite ad eventi estremi. E’ evidente infatti come non si possa attendere che si verifichino tali eventi per individuare il funzionamento di un dato sistema.
In tali casi sarà pertanto necessario ricorrere a procedure di calcolo atte a prevedere le risposte del sistema idraulico a determinate sollecitazioni. Anche in questo caso però le difficoltà non mancano. Infatti, anche ammettendo di disporre di idonei metodi standardizzati di calcolo, risulta estremamente difficile disporre della rilevante mole di dati necessari per applicare tali metodi (basti pensare alle difficoltà, in termini di risorse finanziarie necessarie, per descrivere anche solo morfologicamente un dato sistema idraulico).
Tali problematiche sono superabili prevedendo prestazioni (e conseguentemente metodi di misura) capaci di descrivere funzionalmente un sistema idraulico a diversi livelli di approssimazione. In tal modo sarà possibile approfondire le analisi soltanto dove risulta necessario.

Le prestazioni possono riguardare sia un sistema idraulico nel suo complesso (ed ov-viamente i sub-sistemi in cui esso può essere suddiviso), sia i suoi elementi componenti, e possono quindi essere classificate in:
- prestazioni di sistema, quando finalizzate a caratterizzare il sistema nella sua globalità o quando, pur riguardando una specifica parte componente del sistema, per la loro misura richiedono in ogni caso anche la misura di grandezze relative a parti del sistema diverse dal componente esaminato
- prestazioni relative ai componenti, quando riguardano i singoli elementi del sistema e la loro misura richiede soltanto la individuazione di caratteristiche del componente considerato.

Le principali prestazioni considerate nell’elaborazione del presente piano, riguardanti le questioni idrauliche, sono:
- il regime idraulico nelle fasi di piena, tendente a rappresentare il “funzionamento” del sistema (portate, livelli ed aree passibili di inondazione) a seguito di determinati eventi di pioggia;
- la capacità di smaltimento, che in qualche modo rappresenta il “rischio idraulico”, definita come il tempo di ritorno minimo dell’insieme degli eventi di pioggia che inducono un’onda di piena tale da causare gravi danni a persone o beni, supponendo indeformabile il reticolo idrografico del sistema in esame;
- la capacità di deflusso, definita come il tempo di ritorno dell’evento di pioggia che induce un’onda di piena tale da causare il superamento di livelli ritenuti massimi ammissibili, supponendo indeformabile il reticolo idrografico del sistema in esame

Per ciò che concerne la qualità dei corsi d’acqua, sono state definite prestazioni riguardanti:
- le caratteristiche fisiche, chimiche e batteriologiche dell’acqua;
- la morfologia e la copertura vegetale del reticolo idrografico;
- la portata minima da assicurare nei corsi d’acqua.

Un’ultima classe di prestazioni riguarda la disponibilità delle risorse idriche.

 

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NOTE RELATIVE AL RETICOLO IDROGRAFICO

Per reticolo idrografico si intende l’insieme degli spazi normalmente occupati, con riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno di 5 anni, da masse d’acqua in quiete od in movimento, delle superfici che li delimitano, del volume di terreno che circoscrive tali spazi e che interagisce meccanicamente od idraulicamente con le masse d’acqua contenute in essi e di ogni elemento che partecipa alla determinazione del regime idraulico delle masse d’acqua medesime.

Il reticolo idrografico principale del sistema “Navile-Savena Abbandonato” è costituito dai seguenti corsi d’acqua:
- il Navile, con una lunghezza complessiva di circa 36 km di cui 22 arginati;
- il Battiferro, con una lunghezza di circa 2,3 km non arginato;
- il Savena Abbandonato, con una lunghezza complessiva di circa 32 km di cui 22 arginati;
- il Diversivo, con una lunghezza di circa 4 km, completamente arginato.

L’insieme degli altri corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico del sistema può essere suddiviso sostanzialmente in tre parti:
- reticolo idrografico “collinare”;
- rete “fognaria” e dei “canali” di Bologna;
- reticolo idrografico di “pianura”.

I corsi d’acqua più significativi del reticolo idrografico “collinare” sono: il rio Meloncello, il torrente Ravone, il rio Monte Griffone, il canale di Reno e il rio Aposa.

I corsi d’acqua più significativi del reticolo idrografico di “pianura”, che fanno parte della rete dei canali di bonifica del “Consorzio della Bonifica Renana”, sono: la Zenetta di Quarto, il canale Carsè, il canale Calamosco e la canaletta di Cadriano.

Negli studi idraulici effettuati il reticolo idrografico principale è stato schematizzato come costituito da un insieme di tronchi elementari all’interno dei quali le caratteristiche morfologiche ed idrauliche (forma, dimensione, pendenza, portata, ecc.) non variano. Ogni tronco è rappresentato da un’unica sezione ed è delimitato da due punti denominati “nodi idraulici”.

I risultati degli studi idraulici, per eventi di pioggia con tempi di ritorno di 10 e 50 anni, sono sintetizzati, per quanto riguarda le portate ed i livelli massimi nei tronchi in cui è stato suddiviso il reticolo idrografico superficiale (vedi Tav. A), nelle tabelle N.1, S.1, N.2 ed S.2 contenute nella relazione. In tali tabelle è riportata anche la “pericolosità” dei tronchi (superamento del livello massimo ritenuto ammissibile) individuata in funzione dei “coefficienti di sicurezza” adottati nella definizione sia del livello idrometrico massimo (tirante) indotto dalla portata di piena, sia del livello massimo ammissibile.

Le portate massime mediamente transitanti, per eventi con tempi di ritorno di 50 anni, nei tronchi in cui è stato articolato il reticolo idrografico principale sono indicate, con riferimento alla tavola “A”, nella seguente tabella.

Portate massime per eventi con TR=50 anni nel reticolo idrografico principale

CORSO D'ACQUA
TRONCHI
PORTATE MASSIME [m³/sec]
dal nodo
al nodo
Navile
92 (via Carracci
86 (sostegno Battiferro)
65
Battiferro
86 (sostegno Battiferro)
77 (ponte della Bionda)
65
Navile
77 (ponte della Bionda)
44 (inizio diversivo)
70
Savena Abbandonato
183 (Dozza)
180 (immissione Calamosco)
25
Savena Abbandonato
180 (immissione Calamosco)
171 (immissione Zenetta)
50
Savena Abbandonato
171 (immissione Zenetta)
161 (immissione Diversivo)
60
Savena Abbandonato
161 (immissione Diversivo)
127 (immissione in Reno)
110
Diversivo
44 (inizio diversivo)
161 (immissione nel Savena A.)
65

 

Gli interventi strutturali e le regole d’uso del suolo previsti dal piano per la mitigazione del rischio idraulico riguardano sostanzialmente solo il reticolo idrografico principale in quanto i maggiori problemi concernenti il rischio idraulico sono relativi a questa parte del reticolo idrografico del sistema. Il piano demanda tuttavia ai consorzi di bonifica, per quanto di loro competenza, la verifica dei corsi d’acqua di “pianura” per ciò che concerne il rischio idraulico e l’individuazione degli eventuali interventi per la sua mitigazione.

Le principali regole riguardanti il reticolo idrografico principale, finalizzate al controllo delle sue prestazioni complessive e della sua gestione, sono contenute nell’articolo 7 delle norme di piano e prevedono:
- i consorzi di bonifica competenti per il territorio costituente il bacino imbrifero del sistema idraulico oggetto del presente piano dovranno valutare l’insieme dei rischi idraulici connessi con la propria rete di smaltimento delle acque meteoriche in riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno di 50 e 100 anni; dovranno inoltre essere definite linee d’intervento per la riduzione dei rischi individuati;
- i consorzi di bonifica, i comuni, le aziende di settore e gli altri enti interessati dovranno fornire all’Autorità di Bacino del Reno, entro un anno dalla data di adozione del presente piano, tutti i dati riguardanti le caratteristiche funzionali, idrauliche e morfologiche dei collettori che si immettono nel reticolo idrografico principale e le caratteristiche idrologiche dei bacini scolanti nei loro punti di immissione;
- ogni trasformazione della rete di smaltimento delle acque piovane che possa alterare le attuali caratteristiche delle portate immesse nei corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale è subordinata al parere favorevole dell’Autorità idraulica competente.
- le caratteristiche di ogni opera che modifichi i corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale dovranno in ogni caso essere fornite all’Autorità di Bacino del Reno entro sei mesi dalla sua realizzazione;
- è vietata la realizzazione di qualsiasi opera che possa ostacolare il libero deflusso delle acque nei corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale creando problemi di sicurezza idraulica;
- le manovre d’invaso a fini irrigui nei corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale non dovranno indurre nei corsi d’acqua livelli idrometrici rispetto al fondo dell’alveo superiori al 60% dei livelli massimi ritenuti ammissibili che, per la parte arginata dei corsi d’acqua, sono da considerarsi pari all’80% dell’altezza della sommità arginale più bassa.

 

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NOTE RELATIVE AL BACINO IMBRIFERO

Il bacino imbrifero¹ del sistema Navile-Savena Abbandonato ha una superficie complessiva di circa 111 km² di cui approssimativamente:
- 78 nel Comune di Bologna;
- 10 nel Comune di Castel Maggiore;
- 7 nel Comune di Bentivoglio;
- 2 nel Comune di Argelato;
- 1 nel Comune di Casalecchio di Reno;
- 3 nel Comune di Castenaso;
- 10 nel Comune di Granarolo dell’Emilia.


Il bacino imbrifero del Navile prima del Diversivo ha una superficie di circa 58 km² mentre quello del Savena Abbandonato prima del Diversivo ha una superficie di circa 53 km².

Il territorio costituente il bacino imbrifero del sistema è stato oggetto, negli ultimi 50 anni, di rilevanti urbanizzazioni. Tale fatto si è tradotto in un forte aumento delle portate di piena nei corsi d’acqua a causa del notevole incremento del coefficiente di deflusso e della riduzione del volume specifico d’invaso dovuta anche all’adozione, nei terreni ad uso agricolo, di nuovi sistemi di drenaggio come ad esempio il drenaggio tubolare sotterraneo.

Il piano si pone l’obiettivo di garantire il non peggioramento della situazione attuale imponendo di realizzare interventi “compensativi” in ogni nuova urbanizzazione. Infatti, le principali regole d’uso del suolo, riguardanti il bacino imbrifero e contenute nell’articolo 5 delle norme di piano, sono:
- al fine di non incrementare gli apporti d’acqua piovana al sistema di smaltimento, i Comuni compresi nel bacino imbrifero del sistema dovranno introdurre norme nei piani regolatori che rendano obbligatoria, nelle zone di espansione o trasformazione o comunque nelle zone soggette a intervento urbanistico preventivo, la realizzazione di vasche di raccolta delle acque piovane per un volume complessivo di almeno 500 m³ per ogni ettaro di superficie territoriale delle suddette zone;
- l’adozione, nei terreni ad uso agricolo, di nuovi sistemi di drenaggio che riducano sensibilmente il volume specifico d’invaso, modificando quindi i regimi idraulici, è subordinata all’attuazione di interventi compensativi consistenti nella realizzazione di un volume d’invaso pari almeno a 100 m³ per ogni ettaro di terreno drenato con tali sistemi .


¹Bacino imbrifero :il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi si raccolgono in un determinato reticolo idrografico.

 

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NOTE RELATIVE AL RISCHIO IDRAULICO

Il rischio idraulico totale, per ciò che concerne i danni dovuti alle azioni di un’onda di piena indotta da un fenomeno meteorologico caratterizzato da un certo tempo di ritorno, può essere determinato mediante la seguente espressione: R = P*V*W dove:
- P (pericolosità) è la probabilità di accadimento del fenomeno di pioggia che induce un certo regime idraulico;
- V (vulnerabilità) è la percentuale prevista di perdita degli elementi esposti al rischio per il verificarsi dell’evento critico considerato;
- W (valore degli elementi a rischio) è il parametro che definisce quantitativamente, in modi diversi a seconda della tipologia del danno presa in considerazione, gli elementi esposti a rischio.

E’ facilmente dimostrabile (basti pensare anche solo alla mole di dati necessari) che, ad eccezione di rari casi comunque spazialmente limitati, non è oggi possibile valutare il rischio idraulico nei termini sopra indicati. E’ risultato pertanto necessario procedere ad una drastica semplificazione nel definire il rischio idraulico nell’ambito della elaborazione del piano stralcio di bacino.
Il rischio idraulico, rappresentato dalla prestazione “capacità di smaltimento”, è stato infatti definito come il tempo di ritorno minimo dell’insieme degli eventi di pioggia che inducono un’onda di piena tale da causare gravi danni a persone o beni, supponendo indeformabile il reticolo idrografico del sistema in esame.

Le semplificazioni adottate, anche se non permettono la individuazione del rischio come esattamente definito, consentono comunque di acquisire le conoscenze necessarie per procedere alla predisposizione dei piani di bacino. La valutazione della “capacità di smaltimento” è finalizzata infatti all’individuazione degli interventi strutturali necessari per la mitigazione del rischio idraulico e della loro priorità di realizzazione.

Nella valutazione della “capacità di smaltimento”, i fattori da prendere in considerazione, oltre alla “pericolosità” del reticolo idrografico, sono il valore degli elementi esposti a rischio e la loro vulnerabilità.
Per quanto riguarda la valutazione del valore degli elementi esposti al rischio, sono stati presi in considerazione solo quelli rispetto ai quali possono verificarsi danni particolarmente gravi in termini di incolumità delle persone, ambientali ed economici.
Sono stati ritenuti vulnerabili sostanzialmente solo gli insediamenti urbani ed i complessi edilizi di un certo rilievo quando l’intensità dei fenomeni di inondazione è tale da esporre complessivamente a rischio tali elementi. In tal senso sono stati considerati soltanto i centri, i nuclei abitati e gli insediamenti industriali contenuti, in tutto o in parte, nelle aree ad alta probabilità di inondazione. Ciò non significa però che non vi possono essere manufatti edilizi, anche isolati, che costituiscono un fattore di rischio grave. Tali elementi esposti a rischio saranno individuati, unitamente agli interventi strutturali per metterli in sicurezza, nelle successive fasi di attuazione del piano, anche su segnalazione di enti o privati interessati.

Il valore della capacità di smaltimento risulta, per il sistema idraulico “Navile-Savena Abbandonato”, compreso tra 10 e 20 anni.

Gli obiettivi che il piano si pone in questo campo sono articolati temporalmente per fasi e sostanzialmente consistono nel portare la “capacità di smaltimento” a 200 anni e di garantire, da subito e in ogni caso, il non incremento del rischio idraulico.

I provvedimenti adottati dal piano per la mitigazione del rischio idraulico sono finalizzati alla riduzione della pericolosità del sistema mediante principalmente la riduzione delle sollecitazioni (portate e livelli) alle quali è sottoposto il reticolo idrografico ed alla limitazione del valore degli elementi esposti a rischio e della loro vulnerabilità. Per la riduzione delle sollecitazioni, il piano agisce mediante:
- interventi strutturali (principalmente casse di espansione) finalizzati a limitare adeguatamente le portate in alveo nelle parti in cui la pericolosità incide maggiormente sul rischio idraulico;
- norme tendenti a contenere le portate nel momento della formazione delle onde di piena mediante il controllo delle caratteristiche idrologiche del bacino imbrifero (art. 5 delle norme di piano). Per la limitazione del valore degli elementi esposti a rischio e della loro vulnerabilità, il piano prevede norme tendenti a garantire il non incremento di tale valore e ad incentivarne la riduzione (art. 3 e art. 6 delle norme di piano).

 

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NOTE RELATIVE ALLA QUALITA' DEI CORSI D'ACQUA

Se la qualità di un qualsiasi oggetto materiale viene definita come il rapporto tra le esigenze che possono essere soddisfatte mediante quell’oggetto e le esigenze realmente soddisfatte, è evidente l’estrema difficoltà di definire obiettivi di qualità dei corsi d’acqua in assenza di un quadro completo delle esigenze di riferimento. Dato che tali problematiche non possono essere risolte nell’ambito dei piani di bacino, è stato necessario intendere la qualità dei corsi d’acqua come l’idoneità dell’insieme delle caratteristiche (qualitative e quantitative) dell’acqua e del reticolo idrografico a rendere possibile lo sviluppo di determinate attività.
In concreto, le caratteristiche prestazionali mediante le quali è stata rappresentata, nell’ambito del presente piano, la qualità dei corsi d’acqua in relazione agli usi sono:
- le caratteristiche fisiche, chimiche e batteriologiche dell’acqua;
- la morfologia e la copertura vegetale del reticolo idrografico e delle aree connesse;
- la portata minima da assicurare nei corsi d’acqua (deflusso minimo vitale).

Gli obiettivi che il piano prioritariamente si pone, in termini di usi possibili, consistono nel permettere uno sviluppo della fauna ittica tipica della zona in cui si opera ed un utilizzo irriguo dell’acqua. Il piano persegue tali obiettivi definiti mediante interventi strutturali finalizzati ad incrementare la capacità di depurazione naturale del sistema e norme che limitino i prelievi d’acqua in assenza del deflusso minimo vitale (art. 8 delle norme di piano).
Gli interventi strutturali previsti consistono in un impianto di fitodepurazione nel Navile e in un’idonea modellazione dei tratti non arginati del Navile e del Savena Abbandonato al fine di incrementare la loro capacità di autodepurazione.
Per quanto riguarda invece la “qualità ambientale complessiva”, il piano si pone l’obiettivo di garantire la possibilità di intervenire in futuro con opere di riqualificazione e recepisce gli obiettivi di qualità ambientale espressi dal Piano Paesistico Regionale della regione Emilia-Romagna. Il problema di definire le aree necessarie per procedere nella direzione sopra delineata, tenendo anche conto dell’attuale utilizzo del territorio, è stato affrontato individuando le “fasce di pertinenza fluviale” definite, per ciò che concerne gli obiettivi di riqualificazione ambientale, come l’insieme delle aree necessarie per la riduzione dell’artificialità dei corsi d’acqua e per ricostruire la loro funzione di corridoio ecologico.

Caratteristiche fisiche, chimiche e batteriologiche
I parametri che sono stati assunti per la definizione delle caratteristiche in oggetto sono riportati nella seguente tabella:

Temperatura [C°] Solfati [mg/l]
pH Fosforo totale [µg/l]
Alcalinità totale [meq/l] Azoto ammoniacale totale [µg/l]
Conducibilità [µS/cm] Azoto ammoniacale non ionizzato [µg/l]
Solidi sospesi [mg/l] Azoto nitroso [µg/l]
Ossigeno disciolto Azoto nitrico [µg/l]
Saturazione ossigeno [%] Coliformi totali [U.F.C./100ml]
BOD 5 [mg/l] Coliformi fecali [U.F.C./100ml]
COD [mg/l] Streptococchi fecali [U.F.C./100ml]
Cloruri [mg/l] Salmonelle

 

I suddetti parametri, che consentono di classificare la qualità dell’acqua in funzione degli usi, sono quelli considerati a tale scopo dalle seguenti normative o classificazioni:
a) Legge 130 del 25/01/1992;
b) Classificazione Provincia di Bologna;
c) Classificazione Unione Regionale Veneta Bonifiche;
d) Classificazione Provincia di Ravenna.
Il valore limite di ogni singolo parametro varia ovviamente in funzione del particolare tipo d’uso dell’acqua e pertanto i valori dell’insieme dei parametri dipende dalla “combinazione” dei diversi tipi d’uso che si vogliono permettere. Dato che tale “combinazione” è funzione degli specifici obiettivi posti in questo campo nella determinazione delle prestazioni richieste, risulta opportuno definire il sistema di classificazione soltanto nel momento in cui siano stati individuati gli obiettivi della pianificazione.

Morfologia e copertura vegetale del reticolo idrografico e delle aree connesse
Le caratteristiche in oggetto sono quelle che pongono i maggiori problemi ad essere espressi in forma prestazionale mediante una loro tipizzazione e classificazione in funzione delle possibili tipologie d’uso dell’ambiente fluviale intese come insiemi complessi di singoli usi. Ciò che può essere fatto, anche se con non trascurabili difficoltà, è una classificazione dell’ambiente fluviale in funzione della sua idoneità ad essere usato per specifiche singole finalità.
Per quanto di interesse del presente piano, gli usi ai quali è stato fatto riferimento per classificare l’ambiente fluviale sono:
- depurazione “naturale” delle acque;
- sviluppo fauna ittica.
La “capacità naturale di depurazione delle acque” è definita come l’attitudine di un determinato reticolo idrografico a ridurre la quantità degli elementi inquinanti presenti nelle masse d’acqua in esso contenute in riferimento al regime idraulico assunto dalle masse d’acqua medesime.
La “capacità naturale di depurazione delle acque” è misurata mediante la percentuale di abbattimento delle concentrazioni dei diversi elementi inquinanti in funzione delle portate presenti nel reticolo idrografico.
Per quanto riguarda la fauna ittica, l’attitudine ad accogliere determinate specie ittiche può essere rappresentata dalla densità ittica (individui e peso per metro quadro) che un determinato reticolo idrografico può normalmente accogliere.

Deflusso minimo vitale
Il deflusso minimo vitale viene definito, ai fini del presente piano, come la portata minima in alveo per permettere uno sviluppo della flora e della fauna caratteristiche di un determinato “assetto ambientale” inteso come l’insieme delle caratteristiche dell’ambiente fluviale (reticolo idrografico ed aree connesse). Da tale definizione deriva che l’individuazione del deflusso minimo vitale non può prescindere dalla determinazione dell’assetto ambientale che si vuol ottenere.
Se le attività di pianificazione e di programmazione sono dirette al mantenimento dell’assetto ambientale esistente, l’individuazione del minimo deflusso vitale non pone particolari difficoltà (almeno da un punto di vista teorico) se non quella relativa alla descrizione dello “stato di fatto” e della scelta dei metodi di calcolo più idonei.
Se si ritiene di dover modificare la realtà esistente (come nel caso del presente piano), le cose si complicano in modo rilevante per almeno due motivi:
- la definizione dell’assetto ambientale da ottenere deve essere fatta ad una “scala” molto grande (quasi a livello di progetto esecutivo) ed allo svolgimento di tale attività di definizione devono “partecipare” tutti i numerosi soggetti pubblici e/o privati che possono in qualche modo essere interessati alla questione; da ciò consegue che l’attività in oggetto non può essere svolta nel momento della elaborazione dei piani di bacino;
- al momento attuale non sembrano essere disponibili idonee metodiche standardizzate per passare dal “progetto ambientale” al calcolo del minimo deflusso vitale.
Per superare tali difficoltà, nell’ambito del presente piano, si è ritenuto opportuno:
- definire, riferendosi allo stato di fatto, un primo valore del minimo deflusso vitale di cui garantire da subito la presenza in alveo;
- stimare, riferendosi alle caratteristiche delineate dell’assetto ambientale futuro, un secondo valore del minimo deflusso vitale tenendo in debito conto le reali possibilità di garantirne la presenza in alveo.
Quest’ultimo valore costituirà anche un dato di partenza per le successive attività di progettazione ambientale che ne verificheranno la validità.

 

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NOTE RELATIVE AL RISPARMIO E AL RAZIONALE USO DI RISORSE IDRICHE

Le risorse idriche prese in considerazione, rispetto alle quali sono stati definiti obiettivi di risparmio e di razionale uso, sono quelle la cui disponibilità implica non trascurabili costi ambientali e/o finanziari o che possono essere usate a fini definiti “prioritari” (risorse idriche “pregiate”).
Il presente piano si pone obiettivi di risparmio idrico e non di risposta ad esigenze d’uso. In altre parole, si tende a recuperare ed a rendere disponibile, come alternativa all’uso di risorse idriche “pregiate”, la massima quantità possibile d’acqua che altrimenti andrebbe in tutto o in parte “perduta” senza porsi il problema di soddisfare una determinata quota di fabbisogno.
Gli interventi strutturali previsti per perseguire l’obiettivo di risparmio idrico sono stati finalizzati alla realizzazione di idonei “serbatoi” dove accumulare l’acqua quando disponibile e restituirla nei periodi di siccità evitando anche in tal modo sia i rilevanti problemi emergenti nel caso di una riduzione degli apporti, sia l’incremento del grado di artificializzazione del sistema che si traduce anche in un non trascurabile aumento dei costi di gestione e di manutenzione, sia infine i rischi idraulici derivanti dall’invasare i canali del sistema.
In questo settore, l’obiettivo finale che il piano si pone è quello di “recuperare” e di rendere disponibile un volume d’acqua pari mediamente a circa 9.000.000 di metri cubi all’anno.

Per ciò che concerne il controllo dei prelievi d’acqua, il piano prevede (art. 8 delle norme di piano) la predisposizione, da parte dell’Ente od Ufficio preposto al rilascio delle concessioni di derivazione o di attingimento, un regolamento delle attività di prelievo dai corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale al fine di garantire:
- la presenza del minimo deflusso costante vitale in tutte le parti dei corsi d’acqua facenti parte del reticolo idrografico principale;
- un’equa e razionale distribuzione delle risorse idriche disponibili;
- la prioritaria soddisfazione delle richieste di prelievo nell’ambito del sistema idraulico Navile-Diversivo-Savena Abbandonato.

 

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NOTE DESCRITTIVE DELLE AREE A RISCHIO

Le aree a rischio sono le aree passibili di inondazione e/o esposte alle azioni erosive delle onde di piena per eventi caratterizzati da tempi di ritorno inferiori od uguali a 30 anni.

E’ opportuno evidenziare che i dati attualmente disponibili relativi alla morfologia del terreno e del reticolo idrografico rendono estremamente difficile la simulazione del comportamento delle masse d’acqua durante un evento di piena nei casi in cui vengano superati i livelli massimi ammissibili. Questa difficoltà è maggiormente grave nelle zone di pianura dove le aree inondate a seguito di un’esondazione, data anche la presenza della rete dei canali di scolo, possono essere notevolmente distanti dal luogo dell’esondazione stessa.
Il livello di approssimazione adottato nella delimitazione delle aree inondabili è stato definito in funzione delle finalità di tale delimitazione all’interno del processo di elaborazione del piano stralcio. Una maggiore precisione nell’individuazione delle aree inondabili risulterebbe, oltre che improponibile in termini di costi e di tempi, anche inutile in quanto le domande alle quali è necessario dare in tempi brevi una risposta sono:
- “quali sono gli interventi strutturali per realizzare un reticolo idrografico all’interno del quale confinare sicuramente le azioni delle onde di piena congruentemente con l’attuale assetto dell’uso del suolo?”;
- “quali sono le zone in cui si è più sicuri che le onde di piena esercitino le proprie azioni e per le quali è necessario, fino alla messa in sicurezza del sistema, garantire la limitazione ai livelli attuali del valore degli elementi esposti a rischio e della loro vulnerabilità?”.
L’obiettivo principale che il piano si pone in questo campo è infatti quello di ridurre il rischio idraulico (e non di “stabilizzarlo”) mediante la riduzione della pericolosità del sistema: il non incremento del rischio idraulico, evitando l’aumento del valore degli elementi esposti a rischio e della loro vulnerabilità, risulta in tal senso essere un obiettivo “secondario” la cui validità è limitata nel tempo almeno per quei casi in cui può essere ridotta la pericolosità del sistema mediante interventi strutturali.

Le principali regole d’uso del suolo relative alle “aree a rischio”, finalizzate alla limitazione del valore degli elementi esposti a rischio idraulico e della loro vulnerabilità e contenute nell’articolo 3 delle norme di piano, sono:
- all’interno delle aree a rischio non è ammessa la realizzazione di nuovi manufatti edilizi e di nuove opere infrastrutturali ad eccezione di quelli relativi alla gestione idraulica dei corsi d’acqua e di opere infrastrutturali essenziali e non diversamente collocabili; la realizzazione di tali opere è comunque subordinata al parere favorevole dell’Autorità di Bacino del Reno in merito alla loro compatibilità e coerenza con gli obiettivi del piano ed alla dimostrazione di non vulnerabilità delle opere medesime, rispetto a fenomeni di inondazione ed erosivi, e di non aggravamento del rischio idraulico;
- le amministrazioni comunali dovranno verificare la legittimità (conformità alle normative vigenti per la zona) dei manufatti edilizi presenti nelle aree a rischio e dettare norme o comunque emanare atti che consentano e/o promuovano, anche mediante incentivi, la loro delocalizzazione o, in via subordinata, variazioni di destinazione d’uso al fine di renderli il più possibile compatibili con la loro collocazione;
- sui manufatti edilizi presenti nelle aree a rischio non è ammessa alcuna opera o variazione di destinazione d’uso che incrementi in modo rilevante il valore dei manufatti medesimi o la loro vulnerabilità ad eccezione dei casi in cui le opere siano imposte dalle normative vigenti, i manufatti siano tutelati dalle normative vigenti, le trasformazioni dei manufatti edilizi siano definite dalle amministrazioni comunali a “rilevante utilità sociale” espressamente dichiarata o le opere da eseguire portino la vulnerabilità dei manufatti edilizi a valori irrilevanti;
- nel caso le caratteristiche morfologiche ed idrauliche dei corsi d’acqua subiscano modifiche tali da configurare diversamente il rischio idraulico in specifiche e definite zone, la perimetrazione delle aree a rischio può essere modificata, con delibera del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del Reno, sulla base di studi idraulici, eseguiti da enti od anche da privati interessati conformemente a quanto indicato dell’Autorità di Bacino del Reno, in cui venga dimostrato che le aree in oggetto non sono passibili di inondazione e/o esposte ad azioni erosive o che il rischio idraulico interessa un’area diversamente configurata.

 

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NOTE DESCRITTIVE DELLE "AREE PER LA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI STRUTTURALI"

Le aree in oggetto sono quelle relative alla realizzazione degli interventi strutturali che possono essere definiti “di sistema” in quanto finalizzati a migliorare le prestazioni complessive del sistema idraulico oggetto del piano. In questo tipo di interventi rientrano, ad esempio, le casse di espansione perchè finalizzate ad incrementare la “capacità di smaltimento” del sistema idraulico “Navile-Savena Abbandonato”.

Le aree necessarie per gli interventi strutturali “di sistema” sono state dimensionate ed individuate tenendo anche conto che, in sede di sviluppo della progettazione, potrebbe risultare più opportuno seguire ipotesi almeno parzialmente diverse da quelle ritenute migliori, in termini di efficacia ed efficienza, nel momento della predisposizione del piano. Anche per questo motivo si è ritenuto opportuno articolare il sistema dei vincoli secondo tre livelli definiti in relazione alle finalità degli interventi stessi e/o al grado di approfondimento delle attività progettuali che hanno portato alla individuazione delle aree per la realizzazione degli interventi:

  • “aree di potenziale localizzazione degli interventi”, se individuate per la realizzazione di interventi previsti al fine di ridurre il rischio idraulico connesso con eventi con tempi di ritorno superiori a 200 anni;
  • “aree di localizzazione interventi”, se individuate sulla base di un’attività di progettazione sostanzialmente assimilabile, per quanto concerne la descrizione dell’intervento, alla “progettazione preliminare” e/o per la realizzazione di interventi previsti al fine di ridurre il rischio idraulico connesso con eventi con tempi di ritorno fino a 200 anni;
  • “aree di intervento”, se individuate sulla base del “progetto definitivo” degli interventi su esse previsti.

La localizzazione delle casse di espansione è stata individuata sulla base dei seguenti criteri:

collocazione delle casse di espansione, per motivi di efficacia e di efficienza, il più possibile a valle nel reticolo idrografico ( si agisce così su onde già completamente formate, con un andamento delle portate e dei livelli più lineare e la realizzazione di casse d’espansione non richiede scavi o li richiede in misura più limitata) rimanendo comunque a monte degli elementi esposti a rischio;
utilizzo di aree già passibili di inondazione e/o di minor pregio dal punto di vista del loro utilizzo o da quello ambientale.

Le principali regole d’uso del suolo relative alle “aree per interventi strutturali”, finalizzate a salvaguardare tali aree e contenute nell’articolo 4 delle norme di piano, sono:

le amministrazioni comunali dovranno adeguare i piani regolatori per le “aree di potenziale localizzazione degli interventi” con scelte congruenti con l’eventuale utilizzo di tali aree per la realizzazione degli interventi strutturali previsti.
all’interno delle “aree di localizzazione interventi”, nonchè nel terreno sottostante per una profondità pari a quella del fondo alveo incrementata di un metro, non è ammessa, fino alla progettazione definitiva degli interventi ed alla individuazione delle aree di intervento, la realizzazione di manufatti edilizi e di opere infrastrutturali ad eccezione di manufatti relativi alla gestione idraulica dei corsi d’acqua.e di opere infrastrutturali non diversamente collocabili;
all’interno delle “aree di intervento”, a meno di quanto previsto dal progetto definitivo approvato degli interventi strutturali da realizzare, non è ammessa la realizzazione di manufatti edilizi e di opere infrastrutturali; sui manufatti edilizi esistenti all’interno delle aree medesime sono ammesse solo opere di manutenzione ordinaria;
per i manufatti edilizi esistenti all’interno delle “aree di localizzazione interventi” sono consentite, previo parere favorevole dell’Autorità idraulica competente, le sole opere di manutenzione ordinaria e straordinaria; sono consentite inoltre opere imposte dalle normative vigenti, opere relative a manufatti tutelati dalle normative vigenti, trasformazioni di manufatti edilizi definite dalle amministrazioni comunali a “rilevante utilità sociale” espressamente dichiarata;
le amministrazioni comunali dovranno verificare la legittimità (conformità alle normative vigenti per la zona) dei manufatti edilizi esistenti all’interno delle “aree di localizzazione interventi” e dettare norme o comunque emanare atti che consentano e/o promuovano, anche mediante incentivi, la loro delocalizzazione o, in via subordinata, variazioni di destinazione d’uso al fine di renderli il più possibile compatibili con la loro collocazione.

Le aree per la realizzazione degli interventi strutturali “non di sistema” previsti dal piano, come quelle necessarie per il risezionamento dell’alveo, sono comprese nella “fascia di pertinenza fluviale” e soggiacciono alle stesse norme delle “aree di localizzazione interventi”.

 

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NOTE DESCRITTIVE DELLA FASCIA DI PERTINENZA FLUVIALE

Per fascia di pertinenza fluviale si intende: l’insieme delle aree all’interno delle quali possono essere realizzati interventi necessari a ridurre l’artificialità del corso d’acqua, a recuperare la funzione di corridoio ecologico, di valorizzazione ambientale delle aree fluviali e a far defluire con sicurezza le portate caratteristiche di un corso d’acqua, comprese quelle relative ad eventi estremi, mediante opere di regimazione caratterizzate da un basso grado di artificialità.

Le opere di regimazione delle acque che hanno portato i sistemi idraulici all’attuale configurazione sono sempre state finalizzate a ridurre il più possibile le aree destinate al deflusso ed al contenimento delle acque stesse.
Le aree “sottratte” ai corsi d’acqua sono state utilizzate come sede di attività antropiche di sempre maggiore valore con la conseguente richiesta di sempre maggiori livelli di sicurezza rispetto ai quali è continuamente necessario adeguare le opere di regimazione. Tali opere di regimazione (argini, difese spondali, ecc.), dovendo “contenere” volumi d’acqua in spazi molto minori di quelli occupati dagli stessi volumi in condizioni “naturali”, risultano essere di rilevante entità e complessità sia strutturale che funzionale.
I costi per una corretta manutenzione dell’insieme di queste opere e per un loro adeguamento alle richieste di sicurezza idraulica sono legati alla loro entità e complessità (che potremmo chiamare “grado di artificialità”) da una funzione di tipo quadratico. E’ evidente quindi la bassa efficienza degli attuali sistemi idraulici caratterizzati da un alto grado di artificialità.
L’artificialità dei sistemi gioca un ruolo estremamente negativo anche per quanto concerne le prestazioni riguardanti la qualità dei corsi d’acqua. Ad esempio, le capacità di autodepurazione sono praticamente nulle e non è possibile attuare una qualsiasi politica di riqualificazione ambientale nei corsi d’acqua arginati mantenendo l’attuale assetto delle opere di regimazione. Per questi motivi è oggi necessario porsi l’obiettivo di ridurre, o quanto meno di rendere possibile la riduzione, del grado di artificialità dei sistemi idraulici al fine di incrementarne l’efficienza e la qualità ambientale. In questo senso la “fascia di pertinenza fluviale” viene ad essere definita, secondo i criteri idraulico e ambientale, come l’insieme delle aree all’interno delle quali possono essere realizzati interventi necessari a ridurre l’artificialità del corso d’acqua, a recuperare la funzione di corridoio ecologico e a far defluire con sicurezza ( anche rispetto al cosiddetto “rischio residuo”¹) le portate caratteristiche di un corso d’acqua, comprese quelle relative ad eventi estremi, mediante opere di regimazione caratterizzate da un basso grado di artificialità.
L’ampiezza della “fascia di pertinenza fluviale” dipende sia dalla tipologia e dall’entità delle opere idrauliche la cui realizzazione è ritenuta possibile, sia dal grado di “artificializzazione” che si ritiene compatibile con una data situazione ambientale.
La “fascia di pertinenza fluviale” individuata secondo i criteri idraulico e ambientale dovrà essere in qualche modo “adattata” per tenere conto sia degli elementi fisici frutto di attività antropiche presenti al suo interno, sia per rispondere alle esigenze di tutela ambientale espresse da altri piani. Si può infatti affermare che la pianificazione di bacino deve oggi muoversi in un’ottica di recupero, dando per scontato che in alcuni casi non sarà possibile delocalizzare tutti i manufatti o tutte le attività interni alla “fascia di pertinenza fluviale”, e che l’efficacia dei piani è subordinata alla convergenza delle azioni di governo del territorio da parte dei vari livelli e settori amministrativi.

Le principali regole d’uso del suolo che riguardano la “fascia di pertinenza fluviale”, contenute nell’articolo 6 delle norme di piano, sono:

  • all’interno delle “fasce di pertinenza fluviale” nonchè nel terreno sottostante per una profondità pari a quella del fondo alveo incrementata di un metro, non è ammessa la realizzazione di nuovi manufatti edilizi e di nuove opere infrastrutturali ad eccezione di manufatti costituenti pertinenza di alloggi esistenti alla data di adozione del piano, di quelli relativi alla gestione idraulica dei corsi d’acqua e di opere infrastrutturali essenziali e non diversamente collocabili previo parere favorevole dell’Autorità di Bacino del Reno in merito alla loro compatibilità e coerenza con gli obiettivi del piano;
  • le amministrazioni comunali dovranno dettare norme o comunque emanare atti che consentano e/o promuovano, anche mediante incentivi, la delocalizzazione dei manufatti edilizi presenti all’interno delle “fasce di pertinenza fluviale” o, in via subordinata, variazioni di destinazione d’uso al fine di renderli il più possibile compatibili con la loro collocazione e la realizzazione di opere, previo parere favorevole dell’Autorità idraulica competente, al fine di ridurne la vulnerabilità rispetto ad eventuali fenomeni di inondazione.

¹Il “rischio residuo” è il rischio indotto dal verificarsi di condizioni diverse da quelle convenzionalmente adottate negli studi idraulici ed idrologici ( distribuzione dell’intensità di pioggia, indeformabilità degli argini per livelli inferiori agli ammissibili, ecc.)

 

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NOTE RELATIVE ALLA RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE

Non si può negare che qualsiasi attività di riqualificazione ambientale, comunque siano le connotazioni dell'assetto ambientale che si vuol ottenere, passa attraverso il riportare i corsi d'acqua il più vicino possibile alle loro condizioni di "equilibrio naturale". Si tratta cioè di ridurre il grado di artificialità degli attuali sistemi idraulici, invertendo l'attuale tendenza a "canalizzare" i corsi d'acqua, mediante l'incremento delle aree "a disposizione" dei corsi d'acqua medesimi. E' opportuno evidenziare che un'operazione di questo genere produrrebbe anche al contempo una forte riduzione del rischio idraulico residuo ed un rilevante incremento dell'efficienza dei sistemi idraulici creando le condizioni per "recuperare" in tempi relativamente brevi i costi di "ristrutturazione" dei sistemi medesimi.
Il problema di definire le aree necessarie per procedere nella direzione sopra delineata, tenendo anche conto dell'attuale utilizzo del territorio, è stato affrontato individuando le "fasce di pertinenza fluviale" definite come l'insieme delle aree necessarie per la riduzione dell'artificialità dei corsi d'acqua, per ricostruire la loro funzione di corridoio ecologico, per confinare e far defluire con sicurezza al loro interno le portate caratteristiche di un corso d'acqua, comprese quelle relative ad eventi estremi, mediante opere di regimazione caratterizzate da un basso grado di artificialità.

Il piano prevede di salvaguardare le aree così individuate, integrandole ed adattandole sulla base delle emergenze ambientali e territoriali presenti e delle previsioni del piano paesistico regionale, mediante misure di tipo normativo al fine di garantire la possibilità di intervenire con opere di riqualificazione ambientale.

 

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QUADRO RIASSUNTIVO INTERVENTI STRUTTURALI

CODICE
INTERVENTO

CORSO
D'ACQUA
TIPO INTERVENTO FINALITA'
N1 Navile Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 50 anni
S1 Savena A. Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 50 anni
S2 Savena A. Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 50 anni
Nld Navile tronchi non arginati Risezionamento alveo
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 100 anni
  • Incremento capacità autodepurazione
  • Incremento qualità ambientale
Sld Savile tronchi non arginati Risezionamento alveo
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 100 anni
  • Incremento capacità autodepurazione
  • Incremento qualità ambientale
N2 Navile Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 100 anni
  • Vasca accumulo impianti fitodepurazione
  • Serbatoio risparmio idrico
S3 Savena A. Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 100 anni
  • Serbatoio risparmio idrico
N3 Navile Impianto fitodepurazione
  • Abbattimento parametri chimici: 95-88%
    Abbattimento solidi e batteri: 99-93%
    Portate depurate: 1-5 m³/sec
N4 Navile Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 200 anni
  • Vasca accumulo impianti fitodepurazione
  • Serbatoio risparmio idrico
IP1 Nodo navile diversivo Realizzazione adeguata
sezione di deflusso
Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 200 anni
IP2 Nodo diverso Savena A. Realizzazione adeguata
sezione di deflusso
Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 200 anni
N5.i Navile Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 500 anni
  • Vasca accumulo impianti fitodepurazione
  • Serbatoio risparmio idrico
S4.i Savena A. Cassa espansione
  • Sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 500 anni
  • Vasca accumulo impianti fitodepurazione
  • Serbatoio risparmio idrico

 

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ultima modifica 2011-12-16T18:12:00+01:00
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