Il Comune come soggetto attuatore
Milva Camuncoli
Uff. Ambiente, Comune di Montecchio Emilia - RE
Maurizio Anceschi
A.T.S. srl Ambiente Territorio Sicurezza, Reggio Emilia
Convegno "Le aree di riequilibrio ecologico: riqualificazione ambientale e tutela della biodiversità nella pianura", Bologna, 3 febbraio 1997
Introduzione
L'intervento illustra brevemente una recentissima esperienza di progettazione sovracomunale relativa ad un "progetto di tutela, recupero e valorizzazione" (art. 32 del PTPR) applicata alla media e bassa valle del T. Enza, tra le provincie di Reggio Emilia e Parma, nella quale le Aree di Riequilibrio Ecologico vengono a rivestire valore di strumenti attuativi di un disegno pianificatorio più ampio.
Esso è stato suddiviso in due parti: la prima verifica il valore del progetto sovracomunale alla luce delle capacità operative e delle esperienze di un piccolo Comune (circa 8.000 residenti) impegnato nel tentativo di applicare appropriati strumenti di tutela della natura alla propria scala pianificatoria; la seconda espone sinteticamente i dati e le linee strategiche del "Progetto di riqualificazione ambientale e valorizzazione della regione fluviale della media e bassa Val d'Enza".
Gli aspetti presi in esame sono in sintesi:
1- I comuni come promotori e parte attiva della pianificazione urbanistica sovracomunale e di settore
2- L'ipotesi di una rete di A.R.E. come sistema precursore della riqualificazione dell'intera area fluviale
3- La tutela e la valorizzazione della rete irrigua e di scolo come occasione di salvaguardia della biodiversità in pianura
Il Progetto di riqualificazione ambientale e valorizzazione della regione fluviale della media e bassa Val d'Enza
Origini e finalità del Progetto
Il Progetto nasce da un'iniziativa dei Comuni rivieraschi (che ha poi visto in seguito l'adesione delle Province) che è stata addirittura preconizzatrice delle indicazioni di PTPR sull'area fluviale, avendo preso le mosse nel lontano 1987.
Esso ha avuto lo scopo di:
- progettare la valorizzazione della regione fluviale a partire dalla considerazione unitaria dell'ambito fisico ed ecologico del corso d'acqua tipico della moderna pianificazione di bacino;
- incidere in modo propositivo sulla pianificazione a vasta scala piuttosto che recepirla passivamente;
- condividere regole comuni sull'organizzazione delle attività nell'area fluviale;
- creare un sistema di sinergie positive tra le risorse e gli interventi dei diversi Comuni ed enti coinvolti.
Le caratteristiche dell'area
L'area di progetto comprende circa 35 km di corso d'acqua (oltre 1/3 del totale), dall'ultimo tratto intravallivo collinare all'asta arginata di bassa pianura prossima alla confluenza in Po.
Il tratto di asta fluviale compreso nella fascia di alta pianura risulta inoltre particolarmente delicato per la sua connessione con il conoide alluvionale che ospita ed alimenta gli acquiferi di maggiore importanza per l'approvvigionamento idrico dell'intera provincia di Reggio Emilia. Per questa sua vulnerabilità intrinseca l'intera regione fluviale rientra nell'area ad elevato rischio di crisi ambientale delle conoidi dell'Emilia centro-orientale.
L'intera regione fluviale è stata ed è consistentemente modificata ed interessata dallo svolgersi delle attività estrattive di inerti lapidei (ghiaie e sabbie nel tratto medio, argille e limi nel tratto basso) che pongono tuttora il problema più significativo a ogni disegno "definitivo" di valorizzazione della regione fluviale.
Come per gran parte dei corsi d'acqua nei quali la prevenzione pianificatoria ha iniziato ad agire più recentemente il passato ci consegna inoltre dei significativi problemi di governo idraulico: le casse di espansione di Montechiarugolo, di cui è stata prevista recentemente la ripresa dei lavori di completamento dopo un fermo di almeno 3 anni, sono l'intervento più importante ma non il solo che si prospetta.
Il superamento dell'idea di parco fluviale
Fin quasi dall'inizio, scontrandosi con gli elementi di costo e complessità della gestione che venivano assumendo le esperienze simili in Regione e anche con le più generali ristrettezze della Pubblica Amministrazione, i Comuni hanno ipotizzato uno sbocco per la propria iniziativa che non fosse quello del parco fluviale regionale.
Si è agito, in genere, da un lato con l'intento di sperimentare pragmaticamente forme concrete di intervento, anche minime, che invertissero la tendenza dei segnali al degrado del territorio (e dunque una forte spinta per gli aspetti di progettazione) mentre dall'altro si è progressivamente definito negli strumenti regolatori comunali una destinazione d'uso di ampia tutela delle fasce fluviali.
Vi era anche la consapevolezza che quella della tutela attiva, attraverso azioni "dimostrative" e la riappropriazione graduale del territorio fluviale all'uso pubblico, fosse la strada giusta per la creazione del necessario consenso dell'opinione pubblica attorno ad ipotesi di tutela più generale dell'ambiente fluviale, e che le condizioni di istituzione di un parco avessero comunque bisogno di una preventiva azione di risanamento e di restauro della naturalità perduta.
Gli strumenti urbanistici e programmatici di riferimento
Ne frattempo si è venuto consolidando il terreno pianificatorio che ha reso possibile un migliore fondamento dell'ipotesi di valorizzazione anche superando la strada "più tradizionale" del ricorso ad aree protette.
Il Piano Paesistico Regionale in primo luogo; esso è diventato la cornice, sia di contenuto che procedurale, più consona in cui calare lo sforzo progettuale: a partire dalla cartografia di progetto, in cui la Val d'Enza è stata individuata come campo di applicazione dei progetti di tutela di cui all'art. 32.
Allo stesso tempo (primavera 1993) la predisposizione dei Piani Infraregionali Attività Estrattive di Reggio Emilia e Parma, con previsioni di nuove cave in aree tutelate della regione fluviale, inducevano le 2 Provincie ad aderire al Progetto, in cui si vedeva la possibilità concreta di accompagnare previsioni settoriali variamente impattanti con uno specifico approfondimento ed una nuova programmazione di ampio respiro mirante, invece, alla rinaturazione dell'intera asta coinvolta.
Avvio e svolgimento del Progetto
Dopo una fase di analisi territoriale e di "metaprogettazione" (commissionata da 7 Comuni nel 1987 e conclusa nel 1993) che aveva preso come riferimento l'approdo al parco fluviale, nell'ottobre 1994 uno Studio di fattibilità consentiva ai Comuni di stabilire come preferibile l'ipotesi di una soluzione più flessibile e che garantisse maggiormente l'autonomia operativa dei singoli enti territoriali, pur in una cornice di obiettivi condivisi, sanciti prima di tutto dalla coerenza delle scelte pianificatorie generali e dalla definizione programmatica e progettuale di massima di alcune linee d'intervento prioritarie, anche se non esclusive:
la forestazione di pianura e la rinaturazione del corridoio fluviale, comprese le azioni sul demanio fluviale rese possibili con la L 37/94;
la percorribilità escursionistica e la valorizzazione ricreativa dell'asta da monte a valle;
l'espansione del patrimonio naturale, la sua difesa e gestione anche a fini didattico-ricreativi.
In questa cornice le esigenze di raccordo operativo erano in se risolte dalla disponibilità di un progetto di massima (con valenze di piano territoriale abbastanza marcate) e con l'eventuale ricorso a forme di accordo volontario (es. accordi di programma ai sensi della L 142/90) tra gli Enti contraenti, specialmente per la realizzazione degli interventi ed opere "programmati" di maggiori dimensioni o di rilevanza sovracomunale.
A questo punto si sono visti aumentare gli Enti promotori da 7 a 10 (con l'adesione del Comune di Sorbolo oltre che delle due Amministrazioni Provinciali; e con la sola auto-esclusione del Comune di Parma) e si è potuta conseguire una prima validazione delle giuste intenzioni del "Progetto di riqualificazione ambientale e valorizzazione della fascia fluviale della Media e Bassa Val d'Enza" tramite il suo inserimento tra quelli finanziati dalla R.E.R. ai sensi della LR 47/92, art. 4.
Lo svolgimento materiale della progettazione ha richiesto il progressivo coinvolgimento di molti enti pubblici e soggetti privati, tra i quali si segnalano:
Magistrato per il Po ed Autorità di Bacino del F. Po; per inserire il Progetto nell'ambito di una azione più ampia di programmazione degli interventi sul corso d'acqua e sul suo bacino afferente, e rappresentare al massimo livello la necessità di riconoscere i fiumi come elementi di assoluto valore sociale ed economico, a partire dalla loro caratteristica e funzione di ecosistemi e di beni ambientali insostituibili ed unici.
Associazioni naturalistiche, sportive e ricreative; per guadagnare il consenso delle aggregazioni sociali più attente e disponibili all'attuazione e successiva gestione di interventi innovativi di valorizzazione;
C.O.E.S.M.A.C. di Reggio Emilia (associazione delle imprese estrattive maggiori operanti nell'ambito del bacino); per individuare un percorso di riduzione e diversificazione di tale attività produttiva che ne renda possibile la sostenibilità nel medio periodo all'interno della regione fluviale "valorizzata";
Ministero delle Finanze; per approntare gli strumenti e definire i mezzi ed i tempi attraverso i quali attuare la progressiva (e condivisa!) concessione del demanio fluviale in capo ai Comuni.
L'articolazione dei rapporti, delle competenze, delle sensibilità e delle opportunità da saper cogliere ha progressivamente convinto sia del vantaggio di un approccio flessibile, responsabilizzando al massimo ogni Comune (che meglio di ogni altro conosce risorse e vincoli della propria realtà), sia della necessità di unificare sforzi e risorse tecniche per la realizzazione delle operazioni comuni e ripetitive o, viceversa, a più alto contenuto tecnico ed innovativo.
I valori e la dignità di una pianificazione "dal basso"
Tra le migliori chance che il Progetto ha riservato agli Enti proponenti, ed in particolare ai Comuni, va annoverata la possibilità di inserirsi in modo attivo nell'azione di pianificazione in corso d'opera da parte degli enti territoriali di scala superiore.
Questo merito va iscritto da un lato alla stessa ispirazione originaria del progetto, cioè ad un'idea del fiume e delle sue rive (presentito come patrimonio irripetibile delle comunità locali) che si è progressivamente aperta un varco nella cultura di governo dell'ambiente e nelle leggi, e dall'altro alla scelta di non limitarsi ad una progettazione di opere ed interventi ma di perseguire una sistemazione pianificatoria complessiva ed unitaria di tutta la regione fluviale ed aree limitrofe.
In particolare si è tentato di cogliere l'occasione per interagire con il formando Piano Stralcio delle Fasce Fluviali dell'Autorità di Bacino del F. Po, la cui contiguità d'intenti con il PTPR e maggiormente con il Progetto stesso appariva troppo stringente per non raccoglierne positivamente la sfida, anticipando per una volta a livello locale schemi e proposte che un domani potrebbero essere di imperativa trasposizione. Oggi il Progetto stesso puÉ invece rappresentare un punto di sperimentazione del Piano di bacino e potrebbe in teoria dallo stesso venir in gran parte assunto per le previsioni specifiche.
Il necessario riconoscimento nella pianificazione territoriale ed urbanistica locale è tuttavia il corollario più atteso per il "Progetto di riqualificazione ambientale e valorizzazione della fascia fluviale della Media e Bassa Val d'Enza". L'approvazione da parte delle Provincie di Parma e Reggio Emilia potrebbe configurarsi come elemento di unificazione sostanziale ed è spontaneo pensare che essa debba avvenire in sede di approvazione del P.T.C.P., ed in stretta connessione normativa e procedurale con esso, elevando il Progetto a strumento di indirizzo attuativo della pianificazione provinciale, d'altra parte positivamente atteso dai Comuni rivieraschi che hanno concorso in modo così determinante a promuoverlo.
La già citata formula degli accordi di programma per l'attuazione degli interventi appare poi utile da perseguire per raccordare il Progetto stesso ad altre tipologie programmatiche di azione, pubblica o privata, che intendono esercitarsi nella trasformazione della regione fluviale secondo il modello ambientalmente compatibile che il Progetto sollecita.
Non ultimo, anche sulla base del protocollo d'intesa tra Regione Emilia-Romagna, Autorità di Bacino, Province di Reggio Emilia e Parma, siglato nel febbraio 1994, che prevedeva lo sviluppo di un'articolata azione di studio e pianificazione del sottobacino dell'Enza finalizzata all'uso delle risorse idriche (leggasi progetto della Diga di Vetto) ed al risanamento delle acque ma anche a sviluppare quelle forme di attività miranti ad un miglioramento generale del territorio e dell'ambiente fluviale.
O lo stesso Ministero dell'Ambiente che ha approvato la dichiarazione di zona ad alto rischio di crisi ambientale per l'area delle conoidi alluvionali emiliane.
Ecco che allora alla resa dei conti dell'impegno circa la concreta attuazione di un progetto di trasformazione e valorizzazione sostenibile dell'ambiente, elaborato "dal basso", oltre ai Comuni dell'Enza sono attesi al varco (ovvero alla prova della coerenza politica ed allo stanziamento delle risorse necessarie) i più importanti soggetti istituzionali.
E' con essi prima di tutto che si devono dunque perseguire accordi di programma per accelerare la traduzione in realtà del Progetto.
L'ipotesi di una rete di A.R.E. come sistema precursore della riqualificazione dell'intera area fluviale
I limiti di fattibilità di un parco fluviale
Il Parco naturale è uno strumento di governo "ambientalmente sostenibile" del territorio e del suo sviluppo; è sicuramente impegnativo e forte ma non è l'unico sul quale si debba basarsi.
L'ampia diffusione di valori come "ambiente" e "natura" e di norme e conoscenze tecniche circa il loro perseguimento, consente oggi di pretendere, anche dalla pianificazione ordinaria e dalla gestione quotidiana dei rapporti sociali e produttivi che gli Enti svolgono, il massimo di efficacia nel perseguimento delle finalità dello sviluppo sostenibile.
Inoltre oggi ci si misura con alcuni fattori di misura sia congiunturale che strutturale che scoraggiano la proposta di nuovi Enti parco, quali:
- un rischio inflativo del ricorso ai parchi regionali, per cui la priorità è garantire il decollo ed il successo di quelli istituiti piuttosto che la creazione di nuovi;
- una grave competizione per le risorse pubbliche sempre più scarse;
- la diffusa esigenza di semplificare i rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino, anche per quanto riguarda la riduzione della sovrapposizione di competenze, di livelli di pianificazione, di vincolo.
La necessità diventa dunque quella di azioni locali e concrete; da inserire semmai, con una programmazione integrata e di lungo periodo, in un contesto più vasto di sinergie e di reciproco stimolo e valorizzazione.
La possibilità per i Comuni di creare nel corso della propria ordinaria azione di governo zone naturali tutelate anche ai sensi della L.R. 11/89 sulle aree protette tramite l'istituzione delle Aree di Riequilibrio Ecologico diventa dunque lo strumento più fattibile.
La scelta si è quindi indirizzata verso la individuazione di proposte di ARE da istituire in ognuno dei Comuni proponenti. Si tratta di zone con diverso livello di naturalità di base e, dunque, diverso pregio; ma tuttavia individuate come singole occasioni nelle quali il recupero della naturalità (attraverso il restauro o la creazione di habitat ed ecosistemi), assieme alla difesa di quella residua, costituiscono azione prioritaria e occasione di progettazione particolareggiata.
L'obiettivo dichiarato è comporre una rete di zone tutelate, fra loro connesse dal corridoio fluviale ed elevate a sistema, che possono sicuramente amplificare nel tempo il proprio ruolo ecologico sull'intero territorio di progetto e contribuire tuttavia da subito a farlo conoscere, amare e rispettare.
Possibilità di un approccio graduale alla gestione
Inoltre questo obiettivo della "rete di ARE" ha il determinante vantaggio di consentire un approccio graduale alla gestione della natura, senza grandi investimenti e senza grandi rischi, direttamente anche da parte di Comuni piccoli e medi, purché animati della giusta intenzione e adeguatamente sensibili nel mettere a frutto le occasioni e le competenze che loro si offrono.
Dal confronto con la pratica di soggetti attuatori i Comuni non potranno che rafforzare la propria esperienza e accrescere il risultato complessivo delle realizzazioni.
Progressivo coinvolgimento e sensibilizzazione della cittadinanza
La creazione di ARE consente inoltre di sperimentare forme di gestione della natura all'interno della regione fluviale anche in convivenza con altre valide ipotesi di valorizzazione e recupero all'uso pubblico di tali aree marginali: ad es. l'uso sportivo e ricreativo.
Si potrà puntare sul più ampio coinvolgimento dei cittadini, attraverso la moltiplicazione delle occasioni di incontro, conoscenza, esplorazione e contatto con la natura, per vincere l'impresa di riappropriarsi in forme civili, mature e collaboranti, di territori unici e troppo spesso malamente trascurati o ignorati, dal singolo come dalla collettività.
Le ARE, così come la loro gestione anche su base volontaria, possono così diventare avamposti sia fisici che culturali per fare passare nei fatti le politiche di parco ovvero per farne maturare la più ampia esigenza tra la popolazione.
Condizionamento dei piani particolareggiati delle attività estrattive
Una progettazione di taglio naturalistico dello scavo e dei recuperi è prevista dal Progetto ogni qual volta l'attività estrattiva prevista dai PIAE puÉ consentire di allargare il corridoio ecologico fluviale ovvero restituire continuità agli esigui ecosistemi naturali ripari.
I progetti delle cave possono così prestarsi a dare vita ad altrettante ARE realizzate a costo zero per il Comune e che vanno ad aggiungersi alla rete di progetto.