La sismicità in Emilia-Romagna
Le sequenze sismiche recenti nella pianura emiliana
Analoghe considerazioni, pur nella consapevolezza del diverso ordine di grandezza degli eventi in gioco, possono essere fatte per la sequenza sismica (tra ottobre e dicembre 1996) nel Reggiano-Modenese, per la quale in particolare si può facilmente evidenziare:
- che scorrendo la lista ING delle scosse anche solo strumentali (circa 200) successive a quella principale del 15.10.1996, fra tutte queste altre solo una (quella delle ore locali 14,19 - dello stesso giorno della scossa principale - con Md = 4.1) risulta sopra la soglia prima definita di Md o Ml ≥ 3.8 e a tutte esse corrisponde comunque una complessiva quantità di energia pari a circa la quinta parte di quella liberata dalla scossa principale. Una nuova scossa, con epicentro nella stessa zona e Md = 3.9, è stata registrata (oltre che ben avvertita dalla popolazione) solo a distanza di oltre un anno (ore 3,21 del 21.2.1998): dopo di che, a distanza di appena ulteriori 28 mesi circa, si è manifestato l'ultimo evento significativo (Md = 4.5) del 18 giugno 2000;
- che nel confronto con le tre scosse significative dell'aprile-maggio 1987 nella stessa area (24 aprile: Ml = 4.4; 2 maggio: Ml = 4.7 e 8 maggio: Md = 4.0), queste - pur sommate assieme - corrispondono a una quantità di energia pari a circa il 70% di quella liberata dalla scossa principale del 15.10.1996.
Ciò è di per sé sufficiente per ipotizzare una notevole diversità di sollecitazioni sismiche sulle medesime costruzioni (a distanza di circa 9 anni), con una percezione che può essere ancora meglio supportata dal confronto di accelerogrammi registrati nelle due circostanze dalla stazione accelerometrica più vicina all'epicentro (quella di Novellara), con raffronti visivi tra le accelerazioni di picco, cicli e tempi di applicazione: meglio precisati nell'apposito rapporto del SSN. (Servizio Sismico Nazionale, Ricognizione degli effetti del sisma del 15 ottobre 1996 in provincia di Reggio Emilia, rapporto tecnico SSN RT/97/4 - Febbraio 1997.)
Confronto di accelerogrammi - Registrazioni ENEL - stazione di Novellara
Gli effetti macrosismici degli eventi nella pianura emiliana del 1987, 1996 e 2000 sono stati comunque, complessivamente, piuttosto modesti, se raffrontati, ad esempio, all'impatto di eventi o sequenze ben più significative, quali quella di Umbria e Marche del 1997-1998.
In particolare, il danneggiamento prodotto dal terremoto del 1996 ha interessato l’area di pianura compresa tra Parma e Modena, e particolarmente alcune località tra il reggiano e il carpigiano. Le lesioni riscontrate sono risultate generalmente abbastanza leggere: gli effetti più ricorrenti sono stati la caduta di comignoli, di tegole, di alcuni cornicioni e di singoli elementi architettonici (elementi decorativi di chiese, ecc.), il distacco di intonaci e lesioni più o meno gravi in singoli edifici distribuiti irregolarmente nei diversi tessuti urbani.
Singoli crolli hanno interessato circostanziate situazioni rurali in pessimo stato di conservazione, se non in completo abbandono. Alcune lesioni più appariscenti hanno interessato edifici particolari dal punto di vista architettonico: campanili, chiese, ecc.
Gli effetti più significativi, valutati di VII grado MCS, hanno interessato gli abitati di Bagnolo in Piano e Correggio.
In diversi comuni della provincia di Reggio Emilia sono stati osservati effetti più lievi, distribuiti in modo irregolare, così come in alcuni comuni della provincia di Modena, particolarmente nella zona di Carpi. In qualche caso si sono verificati danni più vistosi, ma isolati, che hanno riguardato edifici degradati, comprese alcune chiese o campanili sulle quali non risultavano ancora effettuati gli interventi successivi a danni prodotti per il terremoto del 1987.
In una certa misura, quindi, dal punto di vista macrosismico, il terremoto del 1996 si è sovrapposto a effetti prodotti dagli eventi del 1987; analogamente, ma in modo più vistoso, l'evento del giugno 2000 si è sovrapposto a un quadro di lesionamento degli edifici riconducibile in gran parte alla sequenza del 1996, anche se non sono mancati danni completamente nuovi.
L’intensità massima stimata per l'ultimo evento del giugno 2000 non supera il VI grado MCS in quanto sia a Reggio Emilia sia nelle località vicine che hanno lamentato danni, tale danneggiamento, che è risultato sempre leggero, salvo casi singoli da valutare con estrema cautela, non ha raggiunto una rilevanza statistica significativa; utilizzando la scala EMS98, che tiene conto della vulnerabilità sismica delle costruzioni e considera in modo limitato gli effetti su edifici altamente vulnerabili come le chiese, tali effetti possono essere classificati al più di grado VI.
In alcune località in cui il danneggiamento è risultato episodico, gli effetti sono stati classificati come incerti fra il grado V e il grado VI della scala MCS.
Nel prospetto si fornisce un confronto di maggior dettaglio fra i dati disponibili relativi agli eventi sismici nel Reggiano-Modenese: del 18-6-2000, del 15-10-1996 e dell'aprile-maggio 1987; e, nella successiva cartina dell'Emilia-Romagna, si indicano tali date (oltre a quella del 1983, relativa al terremoto nel Parmense) in corrispondenza dei territori colpiti, peraltro non compresi tra quelli riclassificati - nell'agosto 1983 - come zone sismiche di seconda categoria.
Pur in assenza di classificazione sismica per i territori colpiti, rientranti in zone "a bassa sismicità" indicate di massima - già all'inizio degli anni '80 - nella Carta di pericolosità sismica d'Italia edita dal P.F.G.-C.N.R., (ma allora la decisione ministeriale fu quella di non estendere la terza categoria al di fuori di 99 Comuni delle tre Regioni di Basilicata, Campania e Puglia), i provvedimenti post-sisma assunti nelle diverse circostanze hanno cercato di perseguire obiettivi non solo di riparazione del danno, ma anche di miglioramento sismico per la riduzione delle vulnerabilità strutturali.
Ciò è avvenuto con approcci applicativi in progressivo affinamento, culminati (tra il 1998 e il 1999) nelle deliberazioni regionali di:
- Elenco prezzi per opere di riparazione e consolidamento sismico di edifici esistenti (ZIP - 173.6 KB)
- Prescrizioni tecniche e parametri (ZIP - 129.7 KB), approvate, previa intesa con il Ministero dei Lavori Pubblici, ai sensi dell'art. 19, comma 2 della legge n. 61/1998 e dell'art. 3, comma 4 della L.R. n. 24/1998.
Lo sciame sismico del 2000 nel faentino-forlivese
Pericolosità e riclassificazione sismica del territorio emiliano-romagnoloLa cartina richiama anche quanto accaduto nella primavera del 2000 con coinvolgimento di una significativa area territoriale, tutta compresa questa volta nelle zone riclassificate sismiche dall'agosto 1983.
La sequenza di aprile-maggio 2000 nel Faentino-Forlivese, pur nella preoccupazione diffusa di quei giorni a fronte del ripetersi stressante di numerose scosse, nel suo complesso ha prodotto danni generalmente leggeri, classificati di VI grado MCS in due casi (Faenza e Brisighella) in presenza di danni leggeri (caduta di intonaci, lesioni capillari) significativamente diffusi all'interno delle località considerate; di grado incerto fra il V e il VI quando questi stessi episodi hanno una distribuzione molto irregolare e limitata (Predappio), pur in presenza di singoli casi di danneggiamento più grave.
In considerazione della complessità di evoluzione del periodo sismico, articolato in un numero elevato di scosse localizzate in un'area abbastanza ampia, gli effetti prodotti sono il risultato del cumulo dei diversi eventi osservati; va inoltre sottolineato che, in generale, il danneggiamento ha interessato prevalentemente edifici vulnerabili, o per tipologia edilizia o per condizioni di manutenzione.
Il risvolto di bilancio energetico, come stimato nel prospetto (ZIP - 14.4 KB) allegato riferito a 70 eventi con magnitudo M ≥ 3, sul totale di oltre 400 scosse registrate in quel periodo dalla rete sismica nazionale, evidenzia un ipotetico evento equivalente con magnitudo pari a 4.9 circa (ovvero, ad esempio, la dimensione energetica del terremoto di Parma del 1983).
Riconducendo la valutazione alle 11 scosse con M ≥3.8 si ha che queste corrispondono a circa l'80% del precedente totale di energia, evidenziandosi altresì che tra esse quella del 10 maggio 2000 con magnitudo più alta, pari a 4.5, da sola corrisponde a circa il 25% dello stesso totale energetico.
Per quest'ultima scossa sono altresì disponibili interessanti registrazioni accelerometriche riferite a due edifici scolastici, della Provincia e del Comune di Forlì, per i quali l'impianto di monitoraggio sismico era stato concluso qualche settimana prima, nell'ambito dell'intesa tra Regione Emilia-Romagna e Servizio Sismico Nazionale per il Progetto di Osservatorio Sismico delle Strutture.
In particolare appare utile (su un piano didattico) l'allegata esemplificazione estratta dal rapporto preliminare, curato dal Servizio Sismico Nazionale, sui dati registrati (per detta scossa) dal sistema di sensori applicati sia al suolo che alla struttura in c.a. dell'Asilo Nido "Piccolo Blu" di Forlì. (ZIP - 829.6 KB)
Ad esempio, si evidenziano notevoli valori (fino a 4 circa) dei fattori di amplificazione delle componenti orizzontali di accelerazioni in diversi punti della struttura (al piano più alto), rispetto al moto sismico del suolo, sicuramente favoriti anche dall'irregolarità strutturale (in pianta e in alzato) dell'edificio in questione.
L'intero rapporto preliminare è comunque scaricabile come file, dal sito internet del Servizio Sismico Nazionale, per chi fosse interessato ad eventuali approfondimenti tecnici.
Un messaggio dal Friuli Venezia-Giulia
Sempre per rimanere ancorati a una dimensione di evento con magnitudo non superiore a 5, assume forza esemplificativa evidenziare a questo punto che l'ancora più recente evento sismico, di magnitudo pari a 4.9 (la stessa del terremoto di Parma del 1983), verificatosi nella regione del Friuli, alle ore 4,18 di giovedì 14 febbraio 2002, poco a nord dell'area interessata dai forti terremoti del 1976 (con scossa principale di magnitudo pari a 6.5), non ha - nella circostanza data - prodotto danni significativi.
La stessa notizia giornalistica finisce inevitabilmente, per l'arco di una sola giornata, annegata con altre futili notizie in pagine interne di cronaca secondaria: diversamente dal 1983 quando, dopo il terremoto di Parma del 9 novembre, dati i gravi danni prodotti su strutture vulnerabili di quel centro storico, la notizia ebbe ben altra risonanza e durata sulla stampa quotidiana.
Evento sismico 14/02/02
- Notizia da "televideo" e su "La Reppublica", (PDF - 3.4 MB)
- Rapporto dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (ZIP - 618.1 KB)
CPTI - Estratto relativo ai terremoti in Emilia-Romagna
Nel 1999 i diversi gruppi di ricerca che hanno operato negli ultimi venti anni nel settore della sismologia storica e della macrosismica, riconducibili in gran parte ai tre maggiori enti (GNDT, ING e SSN) hanno realizzato un Catalogo Parametrico ("unificato") dei Terremoti Italiani (CPTI), che rappresenta un primo prodotto comune di riferimento per le stime di hazard. Tale catalogo, pur essendo un prodotto preliminare, successivamente affiancato da una ulteriore versione più aggiornata (2004), rappresenta attualmente un riferimento obbligato per le analisi di pericolosità e per le stime di rischio, pur non cancellando le elaborazioni precedenti.
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I dati epicentrali sono tratti dal Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI); i dati di intensità ai siti sono tratti dal database correlato.
Analizzando i dati di sito occorre tener conto che la ricostruzione dell'impatto di ogni singolo terremoto dipende sia dal livello di approfondimento delle ricerche, in relazione al contesto antropico in cui si è verificato un evento (densità e rilevanza degli insediamenti abitati), sia da fattori più propriamente fisici (condizioni di sito: si veda il caso di Argenta 1624).
Vengono proposti all'attenzione anche i terremoti del 1976 (Friuli Venezia Giulia) e 1980 (Irpinia-Basilicata) per evidenziare le sostanziali differenze di scala di impatto di questi eventi rispetto a quelli caratteristici per il territorio regionale.
Legenda catalogo
- Tr - tipo di record (se esistono dati di base: cod. "DI")
- Lat - latitudine in gradi e decimali
- Ye - anno
- Lon - longitudine in gradi e decimali
- Mo - mese
- Me - Magnitudo equivalente
- Da - giorno
- dE - errore associato alla stima di Me
- Ho - ora
- Mm - magnitudo macrosismica
- Mi - minuto
- dM - errore associato alla stima di Mm
- Se - secondo
- tM - codice di determinazione di Mm
- AE - denominazione dell'area dei massimi effetti
- Ms - magnitudo strumentale
- Rt - codice bibliografico dello studio di riferimento
- dS - errore associato alla stima di Ms
- Np - numero dei punti di intensità
- tS - codice di determinazione di Ms
- Imx - intensità massima (scala MCS)
- Ma - magnitudo media pesata
- Io - intensità epicentrale (scala MCS)
- dA - errore associato alla stima di Ma
Campi macrosismici dei principali terremoti
Il terremoto del Friuli - 6 maggio 1976 | vista generale (JPEG - 273.6 KB) | particolare (JPEG - 291.6 KB)
Il terremoto dell'Irpinia - Basilicata - 23 novembre 1980 | vista generale (JPEG - 243.5 KB)| particolare (JPEG - 338.1 KB)
Risentimenti storici al sito per I >= V - VI grado MCS per alcuni Comuni dell'Emilia-Romagna
Con riferimento a:
- CPTI, Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani
- Collegato database di osservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana
- Legge di attenuazione, utilizzata per Emilia-Romagna e Regioni contermini, illustrata nel capitolo 2 dei volumi (editi nel 1993 a cura di GNDT-CNR e Regione Emilia-Romagna) RISCHIO SISMICO DI EDIFICI PUBBLICI - Parte I, Aspetti metodologici e Parte II, Risultati
Vengono riportati il grafico e (in corrispondente tabella) i dati relativi alla "storia sismica" di alcuni Comuni dell'Emilia-Romagna, limitatamente alla soglia di intensità risentita I >= V-VI MCS (soglia di danno), evidenziando i casi in cui I >= VII-VIII MCS
Viene cioè compiutamente rappresentato, attraverso dati di dettaglio, il concetto già espresso, secondo cui per tutti gli eventi per i quali sono disponibili dati di base (storico-macrosismici) è possibile rappresentare le "storie sismiche" dei singoli siti, costituite dagli effetti storicamente documentati sia per terremoti vicini che lontani.
Nel grafico e nella tabella sono indicate anche l'intensità epicentrale dei singoli eventi considerati e, quando possibile, la distanza (stimata in km) dal sito in oggetto.
Ove però non siano disponibili osservazioni dirette degli effetti al sito, in assenza di documentazione storica, il che si verifica soprattutto per località di minore rilevanza storica ed economica, si considerano le "storie sismiche virtuali" schematizzate da valori calcolati (attraverso una opportuna legge di attenuazione): la circostanza è evidenziata nel grafico, per l'intensità risentita, con colori più tenui.
I >= V-VI MCS
I>= VII-VIII MCS
Invece, quando e dove esistenti, vengono considerati solo i dati osservati sintetizzati come valore massimo risentito (per un certo evento) in una o più località di un definito territorio comunale: la circostanza è evidenziata nel grafico, per l'intensità risentita, con colori più forti.
I >= V-VI MCS
I>= VII-VIII MCS
La tabella per ciascun Comune riporta anche quattro dati sintetici (oltre ai codici ISTAT e alle coordinate geografiche del capoluogo comunale): n° abitanti 1991, n° abitazioni 1991, grado di sismicità, Imax osservata.
Risentimenti storici al sito per I >= V - VI grado MCS
I file PDF contengono i dati per ciascun Comune e la loro interpretazione grafica:
L'attività del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna per la riduzione del rischio sismico si basa su 2 aspetti fondamentali:
- la prevenzione è l'arma più efficace per ridurre o contenere il rischio sismico;
- la risposta di una costruzione dipende da tre fattori tra loro interagenti, caratteristiche energetiche della scossa sismica (terremoto), risposta del terreno (effetti di sito), caratteristiche strutturali dell'opera (vulnerabilità della costruzione).
La conoscenza in un dato territorio delle interazioni tra terremoto, sito e costruzione costituisce la base imprescindibile per un'effettiva opera di prevenzione; ogni sito ha una risposta diversa a un dato terremoto, ogni sito risponde in modi diversi a terremoti diversi (alcuni siti possono amplificare anche di dieci volte l'ampiezza delle onde sismiche in arrivo, altri le attenuano, altri collassano, travolgendo anche le costruzioni più antisismiche); in relazione a queste risposte e alle differenti azioni che trasmettono alle strutture sovrastanti, edifici uguali possono avere risposte differenti.
Molti dei centri abitati dell'Emilia-Romagna si sono sviluppati in aree potenzialmente soggette ad effetti di sito: i centri storici sono spesso arroccati su terreni acclivi, su bordi di ciglio, su creste sottili, affacciati su dirupi instabili, talora attraversati da faglie e discontinuità, cavità sotterranee, ecc.; i maggiori centri abitati, storici e recenti, sono invece localizzati in aree più accessibili ma comunque caratterizzate da terreni di fondazione non lapidei, quali i detriti di versante, i depositi alluvionali o le sabbie costiere.
Nelle aree sismiche gli studi di microzonazione sismica (MZS) devono quindi costituire la base di ogni politica di difesa dai terremoti, prima e dopo gli eventi sismici. Ne consegue che la prevenzione del rischio sismico trova la sua naturale applicazione nella programmazione territoriale e nella pianificazione urbanistica.
Poiché una corretta MZS deve tenere conto delle caratteristiche locali del territorio, degli insediamenti, delle attività e delle esigenze locali di pianificazione e amministrazione territoriale, non è sostenibile una MZS realizzata a scala regionale, né in termini di costi e di tempi, né in termini di scala d'indagine. Gli studi di MZS devono essere svolti a scala di centro abitato, comunale, o intercomunale, con il coinvolgimento delle Amministrazioni interessate.
Vengono presentati tre studi sperimentali di microzonazione sismica realizzati dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli regionale, dall'Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali del CNR di Milano, dalle Amministrazioni Locali interessate e dai professionisti incaricati.
Questi studi pilota costituiranno anche utili riferimenti per la stesura di indirizzi sulle indagini di pericolosità locale e microzonazione sismica da inserire negli strumenti di pianificazione urbanistica.
Normative nazionali e regionali (L. 741/1981, art. 20; D.L. 112/1998, art. 94; L.R. 40/95, artt. 3, 5 e 6; L.R. 20/2000, art. 16) impongono infatti alle Regioni la predisposizione di studi, atti e indirizzi da applicare in sede di pianificazione urbanistica con l'obiettivo della riduzione del rischio sismico.
A questo proposito la Regione Emilia-Romagna ha istituito un gruppo di lavoro, costituito da esperti di geologia regionale, geofisica e sismologia, geotecnica in aree sismiche e da rappresentanti dei Comuni e delle Province, che dovrà formulare indirizzi per le indagini geologiche, geofisiche e geotecniche finalizzate alla definizione della pericolosità locale e la microzonazione sismica in Emilia-Romagna (Determinazione del D.G. Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa n. 2750 del 5 marzo 2004, prot. n. GEO/04/13434).
Conclusioni
Stante l'esigenza preliminare di dovere sempre e innanzitutto tenere ben presenti le probabili diverse dimensioni energetiche degli eventi in gioco per le diverse aree territoriali, alcune sintetiche conclusioni possono prendere lo spunto dal confronto visivo di due campi macrosismici (PDF - 153.7 KB): rispettivamente, del terremoto dell'Irpinia-Basilicata del 23 novembre 1980 e di uno dei terremoti più caratteristici (per l'Appennino romagnolo) quale è il terremoto nell'Appennino forlivese del 22 marzo 1661, avendo a tal fine prima curato di rappresentare entrambi con la medesima scala grafica.
Ovviamente, per entrambi questi terremoti non è da escludere in futuro un ulteriore affinamento della loro immagine macrosismica a seguito di ultimi aggiornamenti delle descrizioni degli effetti risentiti nel territorio insediato: ciò nonostante il rapporto tra superfici di aree territoriali inglobanti gli abitati interessati da effetti non inferiori all'VIII grado MCS (circa 3.000 kmq, per l'Irpinia-Basilicata, rispetto a circa 500 kmq, per l'Appennino forlivese), ha un tale peso quantitativo che diventa difficile ipotizzarne in futuro una sua variazione significativa.
3.000 kmq rappresentano ad esempio l’intera superficie territoriale delle due province di Forlì-Cesena e Rimini, dove però - per fortuna di queste aree - i più forti terremoti probabilisticamente attesi (su basi di sismicità storica), pur con potenziali distruzioni (se nel frattempo oculate politiche di prevenzione non avranno affrontato e risolto problemi di particolari vulnerabilità sismiche che possono essere presenti nel patrimonio edilizio e infrastrutturale degli insediamenti urbani), sono comunque tali da coinvolgere aree più ristrette: ciò che dovrebbe facilitare l’affermarsi di una strategia di difesa dai terremoti.
Le energie sono quindi inferiori, e però associate a una attività sismica più elevata (storicamente verificata) per l’Emilia-Romagna, nel raffronto con eventi probabilisticamente attesi in altre aree regionali.
Per onestà intellettuale, oltre che per validità dei concetti a suo tempo espressi e oggi ancora più cogenti di ieri, è doveroso tornare a ricordare quanto, a ridosso del terremoto dell'Irpinia-Basilicata del 23 novembre 1980, concludeva il Prof. Giuseppe Grandori, in un documento del P.F.G.-C.N.R. nel gennaio 1981, come "insegnamento..dalla storia sismica della Penisola....:
- tutte le zone di alta sismicità del nostro paese sono già oggi da considerare in condizioni di emergenza;
- i tempi disponibili per mettere in atto provvedimenti di difesa in tali zone sono dello stesso ordine di grandezza di quelli necessari per la ricostruzione delle zone colpite dall'ultimo terremoto.
Il problema deve dunque essere affrontato in termini generali.
Nella prospettiva di un intervento generalizzato, poiché non è pensabile di provvedere in tempi brevi all'adeguamento antisismico delle costruzioni esistenti in tutte le zone di alta sismicità, si tratta in ogni caso di una corsa contro il tempo, con interventi guidati da accurati studi per la scelta delle priorità . Gli interventi si riveleranno certamente, prima o poi, utili; potrebbero risultare preziosi anche in tempi non molto lontani.
Sarà comunque indispensabile una eccezionale mobilitazione sia delle forze politiche sia della comunità tecnico-scientifica...."
La validità e attualità di quelle conclusioni, che sottolineano l'importanza strategica di ragionare in termini di valutazioni di rischio sismico (quale stretto intreccio, nelle diverse aree sismiche, tra entità-caratteristiche al suolo del moto sismico "atteso" e qualità degli insediamenti umani presenti) per la conseguente scelta delle priorità negli interventi di prevenzione, emergono con ancora maggiore forza, tanto più al cospetto di crisi sismiche come quella del 1997-1998 nell’Appennino umbro-marchigiano, costringendoci anche a un bilancio di come si è operato in tutti questi anni nelle zone riclassificate sismiche in Italia già dai primi anni ‘80.
Non è ovviamente questa la sede per un simile bilancio, sicuramente articolato su diversi impegnativi aspetti, ma è auspicabile che proprio una oggettiva e sistematica lettura tecnica di quanto successo in Umbria-Marche e in altre aree colpite da terremoti possa diventare prezioso patrimonio conoscitivo, per lo Stato e per tutte le Regioni con zone sismiche, quale riferimento per approfondite riflessioni e conseguenti decisioni.