Marta Scarelli
Regione Emilia-Romagna, Responsabile del Servizio Paesaggio, Parchi e Patrimonio Naturale

Convegno "Le aree di riequilibrio ecologico: riqualificazione ambientale e tutela della biodiversità nella pianura"
Bologna, 3 febbraio 1997

La constatazione della radicale alterazione dell'assetto paesaggistico, insieme a quella dei processi e dei fattori di equilibrio che consentivano il mantenimento degli elementi appartenenti al patrimonio naturale, la banalizzazione degli ambienti e la perdita di diversità verificatisi a seguito della pressoché completa artificializzazione del territorio di pianura, richiedono in maniera sempre più pressante che venga affrontato il problema di quali politiche e quali interventi attuare per un complessivo miglioramento degli equilibri naturali e ambientali compromessi, attraverso la conservazione degli aspetti di naturalità residui e la loro ricostruzione.

E' necessario prima di tutto evidenziare che i problemi di salvaguardia del territorio sono generalizzati, rivolti alle componenti dell'ambiente naturale nel loro insieme, e a necessità di riqualificazione paesistico-ambientale che non possono essere risolte solo attraverso l'istituzione di aree protette nelle situazioni di eccellenza.

Questo tipo di domanda ambientale, che evidenzia la necessità di una difesa del patrimonio naturale da usi impropri, in quanto distruttivi o capaci di alterare in maniera irreversibile gli equilibri del sistema, non può essere assicurata solo attraverso leggi che codificano cosa deve essere protetto e come, scegliendo e selezionando luoghi, perimetri, divieti e usi in aree "speciali", come se il patrimonio naturale non fosse una presenza diffusa da tenere comunque e dovunque in considerazione sia pure con graduazioni e modalità differenziati.

Questa logica di enucleazione di porzioni del territorio - sia pure scelte per la particolare concentrazione ed importanza delle presenze naturali al loro interno - dal contesto più generale per una tutela rigorosa, ma spazialmente limitata, mal si adatta ai sistemi ambientali, per la continuità e l'interdipendenza che esiste fra di essi e per l'esigenza di una qualità ambientale diffusa.

Infatti, la trasformazione degli usi e delle attività esterni all'area protetta determina comunque un'alterazione dell'assetto e delle condizioni sul territorio protetto, e questo è tanto più vero quanto più le aree sono isolate o di dimensione ridotta.

E' evidente, quindi, la necessità di portarle a sistema, considerandole più correttamente non le uniche situazioni da tutelare, ma piuttosto punti nodali, in cui esiste un addensamento e un'aggregazione di ruoli e di significati, di una rete che si sviluppa sull'intero territorio, e di mettere in atto azioni e modalità per una generalizzata eco-sostenibilità dello sviluppo.

Con questa impostazione "di sistema", del resto, la Regione ha affrontato la pianificazione paesistica elaborata ai sensi della legge 431 del 1985, la cosiddetta "Legge Galasso". Il Piano Territoriale Paesistico Regionale, al di là degli adempimenti più specifici e particolari richiesti dalla legge nazionale di settore, si pone proprio come "supporto ideale" per la messa a sistema delle diverse tipologie di aree protette, che si trovano inserite in un insieme più ampio e generalizzato di regole rivolte all'individuazione della sostenibilità delle azioni, graduate e differenziate in relazione alle esigenze ed alle specificità di ciascuna situazione. Ecco quindi che il momento di eccellenza rappresentato dall'A.P. non si trova ad essere un'isola aggredibile dall'esterno in qualunque momento, ma una sede particolare in cui modalità di intervento eco-sostenibili vengono sperimentate e applicate, per una loro ricaduta su tutto il territorio e per divenire modalità operative diffuse e generalizzate.

Le aree di riequilibrio ecologico, che sono l'argomento di questa giornata, sono state introdotte nella legge regionale sulle aree protette come diversa e originale modalità per sviluppare azioni che concorrano a promuovere la conservazione e la riqualificazione dell'ambiente e del territorio, e nascono dal riconoscimento della importanza che rivestono, anche in mancanza di quelle particolari condizioni e presenze che caratterizzano nell'accezione più consueta le aree protette, i relitti di naturalità, o le aree in cui si sono create, anche artificialmente, situazioni di diversità, come momento di riequilibrio di ambiti completamente sbilanciati verso un assetto monotono, come accade nella pianura, che coinvolge non solo la varietà biologica, ma più in generale la struttura poderale, i tipi di coltivazione, l'edilizia rurale.
La costruzione (o ricostruzione) di ambienti naturali anche in aree di limitate dimensioni, diffuse, come sono le aree di cui stiamo trattando, svolge un ruolo essenziale come riequilibratore della situazione complessiva.

Sul piano poi di una gestione territoriale capace di operare nei confronti della sostenibilità delle trasformazioni, della tutela diffusa degli elementi appartenenti al patrimonio naturale e degli ecosistemi, che coinvolga tutti i soggetti istituzionali, in un processo di sussidiarietà di compiti e di attività, le aree di riequilibrio ecologico costituiscono un momento di più diretto affidamento ai Comuni di responsabilità nei confronti della materia. Va infatti ricordato che questa particolare tipologia di A.P. nasce dall'iniziativa comunale, ai Comuni stessi ne è affidata la gestione e deve avere un riconoscimento formale attraverso gli strumenti urbanistici.

Va anche precisato che non necessariamente le aree di riequilibrio ecologico sono destinate a diventare, nel tempo, aree protette. Certamente esistono o esisteranno casi in cui i processi evolutivi guidati potranno determinare il crearsi di ambienti in cui i caratteri presenti e la necessità di una gestione particolare suggeriranno l'opportunità dell'istituzione di una riserva regionale, ma mentre non tutte e non sempre possono avere questo esito, alle A.R.E. è sempre affidato un ruolo molto importante per il mantenimento o la creazione di punti "di diversità", per sviluppare programmi di educazione ambientale, di monitoraggio e sperimentazione, complementare a quello delle aree protette e funzionale alla creazione di un sistema.
Elemento essenziale è che i soggetti che ne promuovono l'istituzione - i Comuni - ne mantengano l'efficienza nel tempo, assumendo precisi impegni sulla non reversibilità delle azioni intraprese e realizzate.

Anche le aree di riequilibrio ecologico, come altre aree protette, possono esprimere al meglio le proprie potenzialità se inserite in un sistema. La creazione di corridoi ecologici di connessione fra zone diverse, l'individuazione di ulteriori aree, che possano favorire questa "messa a sistema" e il consolidamento delle aree già realizzate sono le tipologie di intervento che verranno favorite con il nuovo programma regionale di interventi che si attiverà nel corso di quest'anno.

Le aree di riequilibrio ecologico, così implementate, rinaturalizzando superfici abbandonate, lembi e relitti, contribuiranno a non interrompere la continuità materiale degli ambienti, permettendo alla fauna libertà di movimento e di spostamento e potranno svolgere la funzione di connettere zone di protezione.

Nella programmazione regionale esistono anche momenti diversi che possono essere tenuti presenti, in quanto capaci di sviluppare sinergie con questo settore. Ricordo, ad esempio, i progetti di tutela e valorizzazione indicati dal Piano Territoriale Paesistico Regionale, che vengono concordati fra Regione ed Enti locali, mediante programmi di lavoro comuni; si tratta di progettazioni di massima che affrontano e valutano i problemi di aree mediamente estese, facendo riferimento alle tematiche presenti per coordinare e razionalizzare gli interventi da effettuarsi nei diversi campi.

Rappresentano un'occasione anche per la creazione di aree riequilibrio ecologico all'interno di processi più estesi e complessi con finalità di rinaturalizzazione di ambienti particolari, come ad esempio le fasce di pertinenza fluviale.

Concludendo mi preme ribadire che il collegamento e la messa sistema non devono riguardare solo l'aspetto territoriale, ma anche quello funzionale. L'opzione che si pone è di creare una connessione fra soggetti diversi che, ciascuno per le proprie competenze e responsabilità, concorrano alla definizione di un sistema ambientale complessivo, in cui le diverse necessità di tutela si compenetrano ed agiscono in maniera sussidiaria, con il comune scopo di raggiungere un miglioramento della situazione ambientale.

Per una tutela del territorio, delle sue componenti naturali e degli equilibri fra di essi non è sempre necessario né comunque sufficiente il ricorso all'istituzione di aree protette regionali. Ogni soggetto istituzionale può e deve perseguire questo obiettivo, che richiede un'azione diffusa nei confronti delle componenti del patrimonio naturale, ovunque esse si trovino sul territorio.