Superficie: 2450 ettari
Province e Comuni interessati: BOLOGNA (San Benedetto Val di Sambro)

Formulario

Formulario Natura 2000 del sito IT4050032 (PDF - 468.3 KB)

Note esplicative al formulario (PDF - 1.2 MB)

Enti gestori  

Regione Emilia-Romagna  

Strumenti di gestione

Misure Specifiche di Conservazione (PDF - 128.1 KB)

Misure Specifiche di Conservazione - Realizzazione (PDF - 12.2 MB) 

Descrizione e caratteristiche

In zona montuosa prossima all'alto Appennino Tosco-Emiliano, il sito si estende presso lo spartiacque tra la valle del Torrente Setta e la valle del Savena, interamente in Comune di San Benedetto Val di Sambro, a ridosso del confine, verso Sud, con la regione Toscana. Il sito si sviluppa tra i 530 e i 1189 metri s.l.m. raggiunti alla vetta di Monte Bastione, appena pochi metri al di là del confine regionale. Si trova a metà strada tra due importanti Siti Natura 2000 di crinale (IT4050020 Laghi Suviana e Brasimone a Ovest e IT4050015 La Martina, Monte Gurlano a Est) a breve distanza da alcuni siti submontani (da Ovest a Est IT4050013 Monte Vigese, IT4050003 Monte Sole). Il territorio in questione è caratterizzato dalla presenza di corsi d’acqua, boschi, praterie ed ex coltivi, aree agricole estensivamente utilizzate, ambienti ecologicamente e funzionalmente collegati tra loro anche in considerazione di una sorta di “connettività diffusa” sotto l’aspetto naturalistico in quanto formata da una matrice ambientale ricca di habitat diversi, tutti scarsamente antropizzati. Il paesaggio naturale e semi-naturale del contesto è costituito da una serie di ambienti che costituiscono un ricco mosaico tipico dell’alta zona appenninica bolognese: faggete, castagneti e boschi submontani di latifoglie miste in gran parte tenuti a ceduo, rimboschimenti, arbusteti, praterie e pascoli, aree incolte, rii e specchi d’acqua che si intersecano e si alternano in un complesso sistema paesaggistico-ambientale. Il contesto è determinato da condizioni orografiche e geologiche su cui sono evidenti gli effetti e le tracce dell’attività antropica che, con tradizionali pratiche agricole, zootecniche e forestali, ha fortemente condizionato la struttura e la composizione delle comunità vegetali presenti. Le zone più aspre, difficilmente utilizzabili ora come in passato, hanno comunque mantenuto importanti elementi di naturalità e non sono mai state raggiunte da pratiche intensive come invece si è verificato nelle aree meno disagiate, specie a partire dal secondo dopo guerra, periodo in cui si è assistito ad un progressivo spopolamento dell’Appennino che di converso ha favorito una forte rinaturalizzazione di molte aree. Nello specifico tuttavia emerge la presenza di estesi rimboschimenti artificiali a conifere e, marginalmente, a latifoglie, degne di essere riqualificati in chiave naturalistica e di alcune importanti lottizzazioni degli anni ’70-'80 con gruppi di villette (in gran parte seconde case) tipiche di una urbanizzazione volta a favorire un certo turismo residenziale. Ciò si combina con il generale abbandono del sistema di appoderamento montano (con edifici sparsi non più utilizzati e spesso in rovina) con fenomeni di naturalizzazione di pascoli e seminativi e conseguenti effetti non del tutto chiariti sulla biodiversità e con la presenza di pratiche forestali e attività zootecniche estensive che meritano grande attenzione perché necessarie al mantenimento del paesaggio semi-naturale a cui è associata parte della biodiversità tipica dell’area. Altro carattere peculiare è la presenza di rii, pozze e corsi d’acqua (tra cui l’invaso di Castel dell’Alpi) che presentano significative presenze di ambienti e specie di interesse europeo. Per quanto riguarda gli habitat di interesse comunitario si segnalano in particolare quattordici habitat di cui all’allegato I della Dir. 92/43 e più precisamente due habitat di tipo ripariale, una tipica formazione a prati e arbusti legata in parte all’abbandono di pratiche agricole tradizionali quale il pascolo e due ambienti di prateria e, infine, ben nove tipi di bosco dai querceti alle faggete, tra cui tre prioritari.

Vegetazione

L’area presenta inoltre una indiscussa ricchezza anche da punto di vista floristico (in particolare orchidee e pteridofite), con varie specie protette o localmente rare e minacciate, tipiche di ambienti aperti, rocciosi o nemorali. Il sito è caratterizzato da una estesa copertura forestale di cui una significativa percentuale è costituita da faggete in conversione all’alto fusto, a cui sono frammisti vecchi rimboschimenti di conifere (costituiti principalmente da abete bianco). Tra le specie di interesse conservazionistico è presente il Giglio martagone (Lilium martagon).

Fauna

Dal punto di vista faunistico l’area presenta tutta la principale fauna dell’alto Appennino bolognese, dal lupo e i tipici ungulati (cinghiale, cervo, capriolo) ad una ricca erpetofauna (tra cui in particolare tritone alpestre e rana appenninica). Nel Sito si è riscontrata la nidificazione di circa un centinaio di specie di uccelli e si è verificato un importante flusso migratorio nei periodi primaverili e autunnali, in particolare per alcune specie di rapaci (ad es. il pecchiaiolo). La chirotterofauna nota annovera due specie di allegato II delle Dir. 92/43 (miniottero e barbastello) ed almeno altre 9 specie; si tratta pertanto del sito montano bolognese che presenta al momento la maggiore abbondanza di taxa. Di rilievo infine anche l’accertata presenza di Austropotamobius pallipes, crostaceo legato alla buona qualità delle acque.

Per saperne di più

Itinerari  - Flaminia Minore

Cartografia

Carta di dettaglio (PDF - 10.2 MB)

Inquadramento territoriale