Parchi, foreste e Natura 2000

Geomorfologia

Parco regionale Corno alle Scale

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L'Unità Sestola-Vidiciatico

 

foto: Unità Sestola-Vidiciatico - autore A.ColòTra Vidiciatico e Lizzano, ai piedi dei ripidi versanti boscati, dove le morfologie si fanno piú dolci, affiorano rocce grigio-bruno-nerastre, a tratti anche verdi o rosse, spesso soggette a fenomeni franosi o di accentuata erosione. Questa fascia di terreni, costituita da un complesso roccioso piuttosto eterogeneo di origine sedimentaria, é nota come Unità Sestola-Vidiciatico. Comprende in prevalenza rocce marnose, intensamente fratturate, tra cui si trovano lembi e frammenti di strati calcarei, calcareo-marnosi e anche arenacei, di colore grigio e bianco-nocciola. L'origine di queste rocce, di età compresa tra 75 e 20 milioni di anni fa, é dovuta alla sedimentazione avvenuta in un bacino marino profondo, localizzato in aree vicine all'antico Oceano Ligure. La posizione che questa Unità occupa oggi nella catena appenninica, in affioramenti che vanno dalle montagne reggiane a quelle modenesi e bolognesi, é il risultato di una storia complessa, iniziata con franamenti sottomarini e proseguita nelle intense compressioni dell'orogenesi appenninica. Nel parco l'Unità affiora anche lungo due significative fasce che attraversano i rilievi arenacei tra le valli del Dardagna e del Silla: gli affioramenti segnano il coinvolgimento di queste rocce lungo superfici di accavallamento dove, sempre per eventi compressivi, una porzione arenacea é sovrascorsa su quella antistante, trascinando in questo movimento le rocce marnose. Poiché si tratta di materiali impermeabili, lungo gli affioramenti si incontrano copiose sorgenti, come quelle della Sboccata dei Bagnadori.

 

Le forme glaciali

foto: Torbiditi - autore A.ColòTra la cima del Corno e il Monte la Nuda si approfondisce il circo del Cavone, la piú bella e significativa morfologia modellata dai ghiacciai würmiani nel parco. Osservato da molti punti, ma soprattutto dall'alto delle cime che lo circondano, il circo appare con forme esemplari: i fianchi ripidi descrivono un arco pronunciato e abbracciano una conca dal fondo dolce e pianeggiante, chiusa da una debole contropendenza di natura morenica. Altri avvallamenti di origine glaciale, meno evidenti, caratterizzano i pendii che scendono tra Corno e Cornaccio. Le belle e singolari forme arcuate del crinale che domina la testata del Silla, tra Corno e Monte Gennaio, anche se attualmente soggette a intensi processi erosivi, sembrano ereditate dal modellamento glaciale. I depositi morenici caratterizzano, invece, le aree intorno al Lago del Cavone, dove formano tipici dossi e collinette. Durante il periodo di massima espansione glaciale würmiana (50.000 anni fa), nella valle del Dardagna scendeva una lingua glaciale che si spingeva sino alle quote di Madonna dell'Acero dove, nel pianoro presso il santuario, sono rimaste tracce di depositi detritici di origine morenica.
 

Le morfologie erosive

foto: Corno alle Scale e Monte Gennaio - autore A.FantiniIl parco racchiude un settore di crinale appenninico caratterizzato da morfologie uniche: lo splendido bacino da cui ha origine il Silla. In questo ampio ventaglio di incisioni é chiaramente leggibile l'approfondimento recente dei solchi vallivi. Questo é avvenuto, al termine dell'ultima fase glaciale (durante gli ultimi 10.000 anni) attraverso l'azione di modellamento delle acque correnti sopra versanti molto stabili, che offrono grande resistenza all'erosione per la giacitura a reggipoggio degli strati. Una morfologia molto diversa caratterizza, invece, i versanti dove si trovano le piste da sci, che si sviluppano lungo superfici stratificazione. La differente erodibilità di strati arenacei e marnosi ha creato, in particolari esposizioni, morfologie da erosione selettiva, con tipiche sporgenze e rientranze; le stesse scalinate naturali dei Balzi dell'Ora sono state determinate dalla netta separazione degli strati arenacei in corrispondenza di sottili livelli piú erodibili. Anche le cascate del Dardagna e il meno accessibile Orrido di Tana Malía, ma anche i salti d'acqua che caratterizzano gli altri rii della testata del Silla, sono dovuti alla presenza di strati molto resistenti all'erosione.
 

Le pieghe rovesciate

strati arenacei Monti della Riva - autore A.ColòGli strati arenacei che affiorano nel parco, descrivono alcune tra le piú caratteristiche pieghe dell'Appennino. Si tratta di anticlinali, cioé pieghe convesse verso l'alto, che per il protrarsi di intense spinte si sono rovesciate nella porzione frontale. Queste strutture sottolineano un comportamento duttile delle rocce, durante fasi compressive in cui il raccorciamento crostale si realizza attraverso la formazione di pieghe. La duttilità, che dipende prima di tutto dal tipo di roccia, si manifesta a certe profondità, dove pressioni e temperature elevate determinano condizioni fisiche ideali affinché le rocce si deformino piegandosi. Le pieghe sono riconoscibili con immediatezza dove é esposta in affioramento la zona di cerniera, cioé il punto di piú accentuata curvatura. In versanti coperti dalla vegetazione, la presenza di pieghe puó essere rivelata dalla disposizione degli strati in affioramenti anche lontani, come nel caso della anticlinale rovesciata presente nella valle del Silla, all'altezza di Monteacuto. Nel parco, la migliore esposizione di una piega si osserva lungo il versante sinistro della valle del Dardagna, dove da alcuni punti (le cascate del Dardagna o la strada che sale a Madonna dell'Acero) si riconosce, alla base della parete che scende dal Monte Mancinello, la zona di cerniera.

Approfondimenti

Le Arenarie del Monte Cervarola

Alle spalle dei paesi di Lizzano e Vidiciatico si alzano rilievi imponenti, completamente rivestiti dai boschi, fra i quali si approfondisce l'ampia testata valliva del Silla. Vi affiorano arenarie, a tratti visibili tra la vegetazione, esposte in modo continuo lungo il crinale principale dove con regolare stratificazione formano la nota immagine del Corno alle Scale. Queste rocce sono riferibili alla formazione delle Arenarie del Monte Cervarola, la cui sedimentazione avvenne, tra 23 e 17 milioni di anni fa, in ambienti di mare profondo antistanti il primo corrugamento appenninico (per questa posizione il bacino é chiamato avanfossa). Queste sabbie abissali sono depositi risedimentati, ossia sedimentati due volte nello stesso bacino: prima in aree costiere (che erano situate ai margini dei primi rilievi alpini) e poi, trasportate dalle correnti di torbida, sui fondali profondi dell'avanfossa. La dinamica di queste correnti marine catastrofiche ha lasciato tracce leggibili alla base degli strati arenacei, dove sono frequentemente osservabili strane protuberanze. Quando una torbida giungeva sul fondo del bacino, infatti, scorreva a elevate velocità a contatto con il fondo fangoso, incidendo, attraverso vortici o trascinamento di oggetti, piccoli solchi e cavità. Queste erosioni si colmavano di sabbia subito dopo la loro formazione, producendo un calco (per questo sono chiamate controimpronte di fondo). Per i rovesciamenti degli strati avvenuti durante l'orogenesi appenninica, le controimpronte di fondo possono essere osservate a volte al tetto degli strati.

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ultima modifica 2012-05-28T19:35:00+02:00
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