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Storia

Parco regionale Monte Sole

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Etruschi e Romani nella valle del Reno

foto: sepolcreto etrusco di Misa - autore G. AvoniI rilievi tra Reno e Setta, come dimostra la scarsità di reperti archeologici, non furono interessati da importanti insediamenti in epoca preistorica. Alcune punte di frecce, accette e schegge di selce, ritrovate nei pressi di Marzabotto, attestano una presenza eneolitica nelle vicinanze del Reno. Poco documentate sono anche le età del Bronzo e del Ferro, con ritrovamenti tardo-villanoviani dell'VIII secolo a.C. Un'impronta indelebile sul territorio é stata, invece, lasciata dagli Etruschi che, nel quadro di una vera e propria politica espansionistica, valicato l'Appennino, scesero in Emilia attraverso la valle del Reno all'incirca nel VI secolo a.C. Risale a questo periodo la fondazione di importanti colonie come Felsina, l'attuale Bologna. Con l'apertura degli sbocchi sull'Adriatico inizió un'epoca di grande prosperità, tanto che sulla strada commercialmente piú importante, che collegava il porto di Spina con l'Etruria vera e propria, lungo la valle del Reno venne fondata Misa, importante centro produttivo e carovaniero. La colonizzazione romana della zona si sviluppó prevalentemente in residenze rurali di fondovalle, collegate tra loro da una rete di strade minori che solcavano anche i rilievi tra Reno e Setta. Già sul finire del II secolo a.C., infatti, la strada etrusca della valle del Reno aveva perso di importanza rispetto ad altre direttrici piú orientali. Appena fuori dal parco la testimonianza piú importante della dominazione romana é l'acquedotto di epoca augustea, un monumentale cunicolo scavato nella roccia che portava a Bologna le acque povere di sali calcarei del Setta, captate nei pressi della confluenza con il Reno. L'acquedotto, ripristinato nel secolo scorso, é parzialmente utilizzato ancora oggi. 

La città etrusca di Misa

Una vasta superficie pianeggiante, soleggiata e piacevolmente ventilata, su terrazzi fluviali ciottolosi e ben drenati, con sorgenti e falde superficiali che garantivano grandi disponibilità idriche e una dolce altura a dominare il pianoro, sulla quale erigere edifici religiosi. Ai coloni etruschi provenienti dalla Toscana, il luogo, ai piedi di rilievi appenninici non lontani dalla grande pianura che conduceva al mare, dovette sembrare decisamente ospitale e adatto alla fondazione di una città. Anche se le prime notizie sui ritrovamenti di "anticaglie" risalgono al '500 (Leandro Alberti, Descrittione di tutta Italia), scavi sistematici iniziarono solo nel 1862. Sotto la direzione del bolognese Giovanni Gozzadini, su una parte del fondo del conte Giuseppe Aria venne portato alla luce il grande insediamento etrusco risalente ai primi decenni del V secolo a.C. La città, poi chiamata Misa o Misano dal pianoro su cui sorge, venne costruita secondo una rigorosa geometria urbana che, a testimonianza dei frequenti scambi commerciali e culturali fra Etruschi e popolazioni elleniche, richiamava i dettami del greco Ippodamo di Mileto, considerato l'inventore della disposizione delle strade urbane ad angolo retto. L'assetto è ancora largamente deducibile dai resti di strade e edifici, e costituisce un caso unico in Italia di pianificazione urbana di età preromana. La città si articolava su una maglia stradale con quattro assi principali (tre con orientamento est-ovest, uno nord-sud). Le strade principali erano larghe 15 m, di cui solo 5 carrozzabili; i restanti, su ciascun lato, erano adibiti a marciapiedi fiancheggiati da canalette per lo sgrondo delle acque. Agli assi principali si aggiungevano numerose strade secondarie, larghe 5 m, formando un regolare reticolo che suddivideva l'intero abitato in "isole" occupate dai caseggiati. Le abitazioni, con cortile interno e pozzo, spesso ospitavano anche attività artigianali, con una bottega che si affacciava sulla strada. Sono state, inoltre, individuate una grande fonderia per la fusione del bronzo e officine per la lavorazione della ceramica. In posizione periferica rispetto all'abitato, a est e a nord, erano localizzate due necropoli con tombe in travertino segnalate da cippi conformati a cipolla. Sulla piccola altura oltre la Porrettana, oggi occupata dal parco romantico di Villa Aria, era situata l'acropoli: un santuario fontile e tre templi dei quali restano poche rovine. La città ebbe un potenziale demografico di circa 4.000 abitanti, ai quali si aggiungevano le genti dei villaggi agricoli sparsi nelle vicinanze (Sperticano, Panico, Sibano e Pian di Venola). Per circa un secolo Misa fu l'ultima stazione di sosta prima dei rilievi appenninici, ma poi decadde sotto la spinta delle invasioni celtiche del IV secolo a.C. Della breve dominazione germanica sono rimaste tracce nella toponomastica: Reno deriva dal gallico rèinos (corrente). Il declino dell'antica colonia etrusca fu cosí rapido e inesorabile che quando i Romani ne presero possesso non tentarono neppure di ripristinarne l'assetto urbano, parzialmente scardinato anche dall'erosione fluviale; nel I secolo a.C. a Misa sorgeva solo una villa rustica di notevoli dimensioni della quale oggi sono visibili le fondamenta, il pozzo e i resti di una fornace per laterizi.
L'area degli scavi e il museo sono visitati da oltre 50.000 persone ogni anno (per informazioni tel. 051/932353). 

Il medioevo sul crinale tra Reno e Setta

PanicoQuesta parte di Appennino entró pienamente nella storia documentata solo quando venne assoggettata al potere feudale dei conti di Panico. L'estensione dei loro possedimenti, delineata con precisione nel documento di investitura del 1221, ricopriva abbondantemente l'attuale territorio del parco. Ghibellini implacabili, acerrimi nemici del nascente comune bolognese, ebbero la loro principale dimora presso il borghetto di Panico, su un'altura in posizione strategica a dominare un'ansa del Reno. Il castello venne incendiato dai bolognesi nel 1306 in risposta a una sanguinosa imboscata tesa dai Panico al Sasso di Glossina, l'odierna Rupe del Sasso. Fu un colpo decisivo al potere della casata feudale, che scomparve definitivamente ai primi del '400. Spariti i potenti vassalli della montagna e terminate le sanguinose lotte feudali, le strade diventarono piú sicure e furono oggetto di manutenzione da parte del primo governo comunale; in particolare la via per la Toscana che fin dalla metà del '200 aveva grande importanza per il trasporto del legname tagliato in Appennino e convogliato a Bologna per fluitazione sulle acque del Reno e dei suoi affluenti: una strada che fiancheggiasse il fiume era fondamentale per la sorveglianza e il controllo di questo commercio. Un'altra via, forse soltanto una diramazione della precedente, si staccava da quella di fondovalle all'altezza di Panico, dove un ponte attraversava il Reno già nella prima metà dell'XI secolo e saliva sul crinale toccando S. Silvestro, Caprara, Veggio e Grizzana. Fu sicuramente una direttrice minore per la Toscana, ma conduceva al frequentato santuario di Montovolo, a importanti mercati come Pian di Setta e Rioveggio, e a Vigo, sede della prima podesteria della montagna. Lungo questa viabilità di crinale si trovavano alcuni ospizi e numerosi castelli, come quello di Caprara, sulla cima dell'omonimo monte, che era appartenuto ai Panico. Del castello, situato all'incrocio con una via che collegava Reno e Setta da Sperticano alla Quercia, oggi non restano tracce, cosí come di quelli di S. Barbara, Brigadello, Veggio e Castelvecchio, tutti lungo il crinale e appartenuti ai Panico.

La grande viabilità di fondovalle

All'epoca dei castelli e dei borghi seguí un'organizzazione del territorio in comuni rurali, che alla fine del XVIII secolo erano almeno una decina, con un numero anche superiore di chiese parrocchiali, in gran parte dipendenti dalla pieve di S. Lorenzo di Panico; gli abitanti, in prevalenza residenti lungo il crinale e sui versanti, erano circa 1700 (un numero molto alto rispetto alle poche decine attuali). Di questi insediamenti oggi rimane ben poco: qualche casa in cattive condizioni e spesso solo il toponimo o la preziosa documentazione fotografica realizzata nei primi anni '40 da Luigi Fantini, studioso e profondo conoscitore dell'Appennino bolognese. Nel parco gli unici edifici propriamente romanici sono la pieve di S. Lorenzo di Panico e l'oratorio di S. Lorenzo di Tudiano, entrambi dell'XI secolo; a Stanzano, Poggio e Tudiano, invece, si possono osservare tipiche decorazioni scultoree con simboli a stella, testimonianza dell'opera dei Maestri Comacini, attivi anche in questa zona dal XIII al XVI secolo. I borghi e le case-torri come quelle di Ignano, Albareda e Murazze, infine, attestano il grande sviluppo dell'edilizia civile nella montagna bolognese intorno al '500. Nel XIX secolo, con il grande potenziamento della rete di comunicazioni, prima viaria e poi ferroviaria, inizió il lento spopolamento del crinale a favore dei fondovalle, e la zona divenne una sorta di isola delimitata da importanti direttrici fra il nord e il sud della penisola. Tra i vari progetti per ripristinare l'antico collegamento lungo la valle del Reno, ormai quasi intransitabile, uno prevedeva di utilizzare la medievale via di crinale sulla destra del fiume, ma per non tagliar fuori Vergato venne realizzato il tracciato odierno: la Porrettana, iniziata nel 1816, fu terminata nel 1847 unitamente alla toscana Via Leopolda. Il rinnovamento della valle venne completato, tra il 1862 e il 1864, con la realizzazione su progetto di Protche della ferrovia Bologna-Pistoia: un'opera ardita per quei tempi, con una galleria di 14 km e 20 ponti sul Reno. La vallata del Setta, nonostante una situazione morfologica piú semplice, ebbe solo nel 1880 la sua strada transappenninica e piú tardi venne solcata per un breve tratto dalla ferrovia Bologna-Firenze, la cosiddetta Direttissima, progettata sempre da Protche e terminata, dopo l'interruzione dovuta alla prima guerra mondiale, nel 1934. Nel secondo dopoguerra (1956-60), infine, la valle del Setta fu interessata dalla costruzione del tratto transappenninico dell'Autostrada del Sole, che segue tutto il confine orientale del parco.

L'eccidio e l'abbandono della montagna

foto: i ruderi della chiesa di Casaglia, che l’UNESCO ha dichiarato “Sito messaggero di una cultura di pace” - autore A. MarataE' stata proprio l'importanza strategica di questa dorsale, dalla quale si potevano controllare le valli del Reno e del Setta, che ne ha fatto, nel corso del secondo conflitto mondiale, uno dei principali teatri di scontri e di imprese partigiane in Emilia-Romagna. Fino alla metà di settembre del 1944, la Linea Gotica tedesca, che divideva l'Italia dall'Adriatico al Tirreno, nella zona era attestata tra Lagaro e Vergato. Ma sotto l'incalzare delle truppe angloamericane, che in pochi giorni conquistarono Monzuno e una parte del territorio di Grizzana, dove rimasero per quasi 6 mesi, i tedeschi furono costretti ad arretrare la prima linea fino a Monte Sole. Fu durante la ritirata che le truppe germaniche e, in particolare i reparti comandati dal maggiore Walter Reder, perpetuarono il feroce massacro della popolazione civile, accusata di appoggiare la brigata partigiana Stella Rossa. Il 29 settembre, con una sistematica manovra di accerchiamento, le truppe tedesche, guidate da gruppi fascisti, iniziarono la salita verso la vetta di Monte Sole, sterminando l'inerme popolazione civile in 38 diverse località. In questa operazione, che si protrasse sino al 5 ottobre, persero la vita oltre 700 persone, quasi esclusivamente vecchi, donne e bambini. La larga striscia di territorio fra Grizzana e Monte Sole divenne "terra di nessuno": furono scavate trincee e buche per le postazioni di artiglieria e la zona venne abbondantemente minata e fatta oggetto di cannoneggiamenti e bombardamenti. I pochi sopravvissuti al massacro furono costretti a lasciare la montagna, e lo stesso fecero i partigiani, che in questa zona non operavano in accordo con le truppe alleate. L'abbandono del territorio tra Setta e Reno fu inesorabile. Sotto le bombe crollarono quasi tutti gli edifici e l'estensione dei campi minati rese insidiosa, anche dopo il termine della guerra, gran parte della zona. Forse anche per non convivere con i dolorosi ricordi di un massacro le cui reali dimensioni furono chiare solo alla fine della guerra, pochi hanno ricostruito le abitazioni perdute sulle montagne, nel frattempo riconquistate dalla natura.

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ultima modifica 2012-05-28T19:36:00+02:00
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