Tinca

Tinca tinca (Linneo, 1758)

La tinca, che tollera tenori di ossigeno anche estremamente bassi, è specie tipica delle acque di pianura, ferme o debolmente correnti e ricche di vegetazione.
Sebbene la tinca sia largamente diffusa nei corpi idrici della bassa pianura, la sua consistenza numerica è in genere scarsa o mediocre; popolazioni più consistenti si riscontrano nei canali di bonifica, mentre nei corsi d'acqua naturali, ad eccezione dei tratti più prossimi alla confluenza con il Po, la specie è oggi notevolmente rarefatta. Infatti il restringimento degli alvei planiziali, esasperato nel corso dell'ultimo secolo, ha accentuato il regime torrentizio dei corsi d'acqua di origine appenninica, con la conseguente scomparsa di molti degli ambienti adatti alla vita di questa come di altre specie ittiche (cfr. luccio). la presenza della tinca in alcuni fiumi e torrenti della fascia collinare e montana del bolognese e della Romagna non corrisponde ad una situazione naturale, ma è attribuibile ad immissioni di dubbia validità dal momento che questi ambienti non sono idonei per la biologia della specie. Pure dovuta ad introduzioni artificiali è la presenza della tinca in numerosi laghi, laghetti e invasi appenninici: le immissioni in alcuni di essi risalgono a tempi piuttosto remoti. Il naturalista di Scandiano Lazzaro Spallanzani documenta la presenza di questa specie nel lago Calamone già nel 1761. Sebbene la tinca riesca ad acclimatarsi con facilità nei laghetti di montagna, purché ricchi di vegetazione, in questi ambienti essa non raggiunge mai taglie paragonabili a quelle che si osservano nelle acque di pianura.

Può raggiungere 40-50 cm di lunghezza e 2-3 Kg di peso.

La tinca è onnivora ma predilige gli invertebrati del fondo e in particolare i molluschi.

Tratto da "Elementi di base per la predisposizione della carta ittica regionale" , Regione Emilia-Romagna - Assessorato agricoltura e alimentazione, 1992