Geologia, suoli e sismica

L'Area Geologia suoli e sismica supporta le politiche regionali collegate all’ambiente e alla pianificazione territoriale, soprattutto attraverso la produzione di sistemi informativi territoriali e di cartografie geologiche, pedologiche e geo-tematiche. Nel campo della riduzione del rischio sismico e del monitoraggio strategico di alcuni rischi naturali come mareggiate e frane, si pone l'obiettivo di mitigarne gli impatti sul territorio e sulla popolazione. Inoltre lavora per identificare e studiare le risorse naturali come acque, suoli, energia geotermica, risorse minerali

Censimenti delle sorgenti non captate e delle naturali evidenze di venuta a giorno della falda superficiale in pianura, attuali

Nel web-gis vengono pubblicati, per la prima volta in ambito regionale, i risultati di un censimento delle sorgenti e manifestazioni affini che si trovano attualmente in condizioni naturali, nucleo di una banca dati georeferita che può arricchirsi di ulteriori informazioni, anche con la raccolta di segnalazioni spontanee attraverso il progetto per un censimento partecipato.

Nel tema “sorgenti non captate e fontanili attuali” le segnalazioni sono suddivise in base alle seguenti cinque categorie, accompagnate dalle sigle riportate nella tabella dello strato informativo:

1) Sorgenti di interesse naturalistico-ambientale: GDE (acronimo di Groundwater Dependent Ecosystems).

Gli ecosistemi dipendenti dalle acque sotterranee (GDE) sono costituiti da piante, animali e funghi che dipendono dalle condizioni di vita create e influenzate dalle acque sotterranee come la portata, la temperatura o dalle caratteristiche chimiche delle stesse.

Tra gli ecosistemi acquatici che con più evidenza dipendono dalle acque sotterranee ci sono le sorgenti non captate ed i fontanili attuali meglio preservati; quindi, all’origine di zone umide con ecosistemi molto diversificati che, sebbene piccoli, sono sede di habitat eccezionalmente ricchi di biodiversità.

I fontanili attivi documentati sono prevalentemente localizzati in pianura e conservano appunto evidenze delle forme che li caratterizzano (presenza di una “testa” e di un corso d’acqua emissario), indicative di uno stato di attività effettivo che li rende assimilabili a GDE. 

La valutazione è stata effettuata in base all’esperienza diretta e con il contributo delle immagini telerilevate da ortofoto AGEA2017, dotate di una risoluzione dell’ordine delle decine di centimetri. Le ortofoto, in corrispondenza dei fontanili attuali, evidenziano (oltre alle forme di cui sopra) una vegetazione con aree boscate, vere e proprie isole di biodiversità nell’ambito dei seminativi che costituiscono l’uso del suolo in larga misura prevalente in pianura.

Sempre dal confronto con le ortofoto, è risultato che alcuni fontanili tratti dalla bibliografia presentano a tutt’oggi scarse evidenze di attività, ma sono stati ugualmente segnalati nello strato informativo riferito alla situazione attuale, quando documentati anche negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, per una successiva verifica di terreno.

Di particolare interesse sono i fontanili di “montagna”, differenziati da quelli di pianura nello strato informativo. Questi si sviluppano nei contesti di torbiera del settore montano regionale, dove, in compresenza di fattori geologici e geomorfologici predisponenti, si hanno condizioni favorevoli alla venuta a giorno naturale di acque sotterranee. Ciò si verifica in tutte le torbiere montane con un bacino idrografico di appartenenza caratterizzato da un alto apporto terrigeno, in grado di favorire la formazione di depositi alluvionali all’interno della sequenza di riempimento della torbiera.

Un esempio molto interessante di queste peculiari sorgenti si ha nella piana lacustre di Lago Moò nel comune di Ferriere (PC). Altri esempi si riscontrano nella torbiera di Badignana nel comune di Corniglio (PR) e presso il delta lacustre a monte di Lago Baccio, in comune di Pievepelago (MO).

Nel settore montano regionale, GDE di particolare interesse sono le Fonti di Poiano (comune di Villa Minozzo), la sorgente di San Cristoforo di Labante (comune di Castel d’Aiano) e il fronte sorgivo nella località di Pietre Scaglie presso il Monte Nero (comune di Bedonia).

2) Sorgenti caratterizzate dalla deposizione chimica di carbonato di calcio a temperatura ambiente (SP);

Le segnalazioni sono il risultato di recenti studi applicativi, svolti dall’Area Geologia, suoli e sismica in collaborazione con altri Enti tra cui il Museo delle Scienze Naturali di Trento. È stato approfondito il tema delle sorgenti caratterizzate da deposizione chimica di carbonato di calcio a temperatura ambiente (calcareous tufa o Tufa, Capezzuoli & Gandin 2004), note in letteratura anche come Limestone Precipitating Springs (LPS, Cantonati et alii, 2016). Queste particolari tipologie di sorgenti (dette anche “pietrificanti”) risultano molto diffuse nella regione Emilia-Romagna e solo una parte di quelle esistenti rientra tra gli habitat prioritari (Codice Natura 2000: 7220*) ai sensi della Direttiva (92/43/; CE).

Nell’Appennino emiliano-romagnolo le formazioni calcaree sono scarsamente affioranti, esistono invece unità geologiche date da areniti e sequenze calcareo-marnosi con una componente carbonatica rilevante (nei granuli, nel cemento), comunemente sede di importanti acquiferi montani. Queste unità geologiche, in compresenza di altri fattori ben definiti, sono predisposte allo sviluppo di tali sorgenti.

Le segnalazioni delle principali sorgenti accompagnate da deposizione (a temperatura ambiente) di carbonato di calcio si interfacciano, eventualmente aggiornandola, con la Banca Dati regionale del Patrimonio Geologico e Geositi.

Per maggiori informazioni sull’argomento si rimanda alla pagina Sorgenti e travertini nell’Appennino emiliano-romagnolo.  

3) Sorgenti a chimismo peculiare (CP);

Tra le acque sorgive dell’Appennino emiliano-romagnolo, localmente si rinvengono acque con chimismo peculiare come accade, per esempio, per gli acquiferi presenti nelle ofioliti o nelle rocce evaporitiche (gessi triassici e messiniani).

Le rocce ofiolitiche restituiscono acque sorgive che mostrano le caratteristiche più interessanti quando scaturiscono dalle rocce ultramafiche serpentinizzate. Infatti, mentre le acque che scaturiscono da basalti presentano un chimismo prevalentemente bicarbonato calcico (Ca-HCO3) le acque provenienti dalle serpentiniti sono contraddistinte da tre “tipologie geochimiche”: bicarbonato calciche, bicarbonato magnesiache (Mg-HCO3) e iperalcaline (cioè con pH basico), queste ultime molto rare a livello regionale. L'interazione a bassa temperatura tra l'acqua meteorica e le rocce ultramafiche consente il differenziarsi di questi tipi di acque. In particolare, le acque meteoriche nascono come acque Ca-HCO3 e l’interazione con minerali che contengono Mg, tipici delle ultramafiti, favorisce l’evoluzione ad acque Mg-HCO3. In quest'ultima fase, la prolungata interazione con la roccia comporta anche che le acque sotterranee diventino iperalcaline (Boschetti & Toscani 2008; Boschetti et alii, 2013)

Dalle rocce evaporitiche presenti in Val Secchia e lungo il margine appenninico dalla provincia di Reggio Emilia a quella di Rimini, sgorgano invece acque sorgive (risorgenti carsiche) caratterizzate da chimismo peculiare, ricche di solfati per effetto della loro interazione con acquiferi composti da rocce solubili come nel caso del gesso. Esempi di questo tipo di acque sorgive sono:

  • le risorgenti dei sistemi carsici dell’Acquafredda (BO), Rio Stella-Rio Basino (RA), di Onferno (RN);
  • le sorgenti alimentate dai sistemi carsici della Grotta di Onferno (RN) e dalla Tana della Mussina (RE).

 Una rassegna più generale sulle sorgenti a chimismo peculiare in ambito regionale, ottenuta da bibliografia e che si può certamente implementare, è disponibile nella pagina Natura e storia: le acque chimicamente peculiari dell’Appennino emiliano-romagnolo (2020).

4) Le sorgenti carsiche (SC)

A differenza di quanto si osserva in altre regioni italiane, gli acquiferi permeabili per fenomeni di dissoluzione sono rari, rappresentando appena l’1% degli affioramenti rocciosi regionali.

Per la grande maggioranza, le unità geologiche predisposte allo sviluppo di fenomeni carsici sono rappresentate dai gessi messiniani, che bordano, in maniera discontinua, il pedeappennino dalla provincia di Reggio Emilia fino al confine orientale con le Marche e, in subordine, dalle evaporiti triassiche. I calcari sono praticamente assenti, se si eccettuano (in aree limitrofe) quelli del Massiccio del Titano, nel territorio della Repubblica di San Marino.

Nonostante questa situazione geologica, non certo favorevole, in regione si hanno acquiferi carsici in grado di alimentare sorgenti e risorgenti la cui importanza scientifica, in alcuni casi, travalica i confini ed ha valenza nazionale, se non internazionale. Quest’ultimo è il caso delle Fonti di Poiano (RE), ma anche di sorgenti non comuni che interessano alcuni tipi di areniti a componente carbonatica, come quelle associate alle Grotte di Labante (BO), raro esempio di cavità ipogee di origine primaria e generate dalla deposizione di carbonato di calcio a temperatura ambiente dall’acqua sorgiva di San Cristoforo di Labante.

Una rassegna aggiornata sulle sorgenti carsiche è disponibile al seguente link Acqua dalle rocce, una ricchezza della montagna come pure in Natura e storia: le acque chimicamente peculiari dell’Appennino emiliano-romagnolo (2020), link già citato per le sorgenti a chimismo peculiare.

5) Altre emergenze della falda acquifera in condizioni naturali (AE)

In questa categoria rientrano le sorgenti censite nel territorio regionale che si trovano in condizioni naturali e che non rientrano nelle categorie descritte in precedenza. All’interno di questa categoria si ha un’ampia variabilità, sia dal punto di vista quantitativo e delle portate (sorgenti a regime perenne oppure stagionale) che qualitativo

Una parte di questi dati è stata anche utilizzata tra le informazioni associate alla Rete Escursionistica dell’Emilia-Romagna.

Si evidenzia come, tra le applicazioni del tema “sorgenti non captate e fontanili attuali” vi sia l’utilità per gli Enti Locali nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, in attuazione dell’art. 44, comma 1, lett. c) del vigente Piano di Tutela delle Acque. Questo infatti prescrive l’individuazione, tra le sorgenti, di quelle di pregio naturalistico-ambientale, oggetto delle disposizioni dell’art. 47 sull’individuazione di una zona di tutela di 500 metri di raggio entro la quale sono vietati i prelievi di acqua (comma 6).

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ultima modifica 2023-01-24T13:33:07+02:00
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