Flora
Parco nazionale Appennino Tosco-Emiliano
I boschi del Parco
Estese faggete ammantano i versanti montani dai 900-1000 m fino ai 1700-1800 m. Questo uniforme mantello boscato, che in autunno si accende dei colori piú caldi, di rado lascia il posto ad altre formazioni: fra tutte risaltano i rimboschimenti a conifere, con abete rosso, abete bianco e varie specie di pini, dove la persistenza del fogliame in inverno é in deciso contrasto con i toni grigi che la faggeta assume nello stesso periodo. Nel parco compaiono anche i castagneti, localizzati sempre vicino ai centri abitati, a testimonianza dello stretto legame che univa questi boschi alle genti locali. Oggi il castagno non rappresenta piú una risorsa fondamentale per l'economia montana e sempre piú spesso ai piedi di maestose piante secolari, non piú coltivate, si accalcano cespi di ginestra dei carbonai, brugo e felce aquilina; in molti casi i castagni sono di taglia ridotta, con portamento cespuglioso dovuto ai tagli cedui per ottenere legname. Nelle aree a debole pendenza, piú facili da coltivare, i boschi sono stati sostituiti da prati e pascoli, il cui manto erboso fornisce ancora oggi buon foraggio per gli allevamenti locali e, in estate, si ravviva di ricche fioriture, fra cui spiccano quelle di alcune orchidee (Dactylorhiza sambucina, Orchis mascula,O. pallens).
Il regno delle faggete
Percorrendo uno dei tanti sentieri che attraversano le faggete del parco emerge la dominanza assoluta del faggio su ogni altra specie arborea. Solo alle quote inferiori questa latifoglia forma boschi misti con carpino nero, orniello, acero campestre e arbusti come nocciolo, corniolo e biancospini, tutte specie che frequentano i querceti sottostanti. Piú in alto, invece, dove il clima é piú fresco e umido, il faggio regna incontrastato e solo di rado si incontrano acero di monte, sorbo degli uccellatori e maggiociondolo di montagna. Più ricco é il sottobosco erbaceo che in primavera e in estate colora la lettiera di foglie: ne fanno parte anemone dei boschi, geranio nodoso, lattuga dei boschi, acetosella, stellina odorosa, erba fragola e angelica minore. Frequenti sono anche i fusti frondosi delle felci, che amano la penombra delle faggete; ai margini del bosco, invece, si addensano le piante che preferiscono la luce intensa, come epilobio, digitale gialla e lamponi; nelle radure spiccano le vistose fioriture estive di aquilegia comune e giglio martagone. Lungo i numerosi corsi d'acqua i faggi lasciano il posto a salici, pioppi e ontani e fra la vegetazione erbacea risaltano le enormi foglie cuoriformi dei farfaracci; sui cuscinetti di muschio crescono parnassia e pinguicola, una curiosa pianta insettivora dalle foglie viscide.
In corrispondenza di affioramenti rocciosi ripidi e imponenti come gli schiocchi viene meno la copertura boscosa; ma sugli Schiocchi dell'Ozola, in una parete rocciosa esposta a sud, cresce una ridotta popolazione naturale di abete bianco. Questa specie, presente allo stato spontaneo anche sul Ventasso e al Passo del Cerreto, in passato era di certo piú diffusa, e ha subito una drastica riduzione a causa di cambiamenti climatici che hanno favorito lo sviluppo incontrastato del faggio. La presenza dell'abete bianco sull'Appennino ha dunque un significato relittuale e le stazioni del parco rivestono notevole importanza.
Praterie e brughiere a mirtillo
Lasciati alle spalle gli ultimi faggi cespugliosi e contorti, modellati dai venti, e raggiunta la linea di crinale, il paesaggio si apre su vaste praterie e brughiere a mirtillo interrotte solo dalla roccia affiorante. Il mutato aspetto del paesaggio segnala il netto cambiamento di condizioni climatiche alle quote maggiori: le basse temperature, gli innevamenti prolungati e i venti impetuosi selezionano una vegetazione di taglia ridotta: gli arbusti nani di mirtillo e le compatte cotiche erbose delle praterie. Le brughiere a mirtillo (vaccinieti) sono presenti in varie zone del parco, dove formano uniformi e compatte distese dominate dal mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) e dal falso mirtillo (V. gaultherioides). La prima specie, presente anche nel sottobosco e nelle radure delle faggete sottostanti, produce un frutto saporito che matura a fine estate, mentre il falso mirtillo ha frutti simili d'aspetto ma insipidi. Ai mirtilli si affiancano piante erbacee come l'iperico (Hypericum richeri) e la tossilaggine alpina, arbusti come la rosa alpina e, nei punti piú soleggiati e scoscesi, il ginepro nano, dal caratteristico portamento prostrato. Piú raramente compaiono specie tipiche dei vaccinieti alpini: mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), erica baccifera e rododendro (Rhododendron ferrugineum); quest'ultimo é localizzato nel crinale fra Monte Prado e Monte Vecchio e nel tratto fra La Nuda e Cima Belfiore (il nome fa probabilmente riferimento proprio alla bellezza dei suoi fiori). D'autunno le chiazze arrossate delle brughiere a mirtillo contrastano con le circostanti praterie dorate dal sole. Ottenute da antichi incendi dei vaccinieti e mantenute dal pascolo ancora oggi praticato, le praterie occupano sempre i pendii dolci e gli altopiani ricoperti dai fitti cespi di graminacee come il nardo; d'estate si colorano dei fiori di trifoglio, alchemille, viole, garofani (Dianthus carthusianorum, D. deltoides), genziane (Gentiana kochiana, G. purpurea,G. nivalis, G. verna), cariofillata montana e campanule. Sui pendii aridi e assolati prevale il brachipodio; d'estate, nei versanti piú ripidi e sassosi, fra i suoi cespi spiccano gli splendidi fiori del giglio rosso e le chiazze gialle della ginestra raggiata. Spesso nelle praterie compaiono arbusti di ginepro nano e mirtilli che si infittiscono dove il pascolo é sporadico: la brughiera a mirtillo si riappropria cosí degli spazi un tempo sottratti dai pastori locali.
Le piante delle rocce
In corrispondenza degli affioramenti rocciosi la prateria si frammenta e sulle cenge erbose piú in ombra compaiono le rare e vistose fioriture estive di anemone a fiori di narciso e aquilegia alpina o quelle piú discrete dell'astro alpino, una sorta di margherita rosa. Gli ambienti rocciosi, difficili da raggiungere e a volte inaccessibili, ospitano una flora adattata a condizioni di vita proibitive per le elevate escursioni termiche, l'aridità, la scarsità di suolo e nutrienti e la mancanza di protezione dalla copertura nevosa. Le fessure delle rupi sono colonizzate da piante minuscole, con apparati radicali robusti e tenaci; le foglie sono spesso riunite alla base della pianta e formano rosette compatte addossate al suolo come nelle sassifraghe (Saxifraga paniculata , S. moschata) e nei semprevivi (Sempervivum montanum, S. arachnoideum). Sulle creste piú ventose alcune piante si modellano in bassi e compatti cuscinetti che aderiscono al substrato: nel periodo della fioritura quelli della silene a cuscinetto (Silene acaulis) sembrano tappeti rosa o bianchi; rosa carico é anche la tonalità dei fiori di Primula appennina, una specie endemica dell'Appennino tosco-emiliano.
Sulle rive di ruscelli e laghi montani
Durante l'inverno la neve modella i profili di vette e crinali, arricchendo il parco di nuovi, suggestivi scenari. Solo a primavera inoltrata le gelide acque di fusione delle nevi iniziano a ruscellare lungo i versanti, raccogliendosi spesso in acquitrini e pozze o alimentando i numerosi laghi. Il letto dei ruscelli, rivestito di muschi, in estate é segnato dalle ricche fioriture giallo-dorate della calta e da quelle bianche del billeri rotondifoglio; compaiono anche sassifraga stellata e cerfoglio selvatico. Sulle rive dei laghi sono frequenti giunchi, carici, pennacchi e equiseti; spesso i detriti della vegetazione palustre, che in ambienti cosí saturi d'acqua si decompongono solo parzialmente, danno origine a masse di torba che nel tempo aumenta di spessore e estensione, riducendo la superficie d'acqua libera del lago. Nelle torbiere trovano posto specie assai rare come pennacchio rotondo, drosera e qualche orchidea (Dactylorhiza praetermissa,D. incarnata), la cui sopravvivenza é legata al mantenimento di delicati equilibri ecologici.
I relitti glaciali
Il termine raggruppa alcune specie vegetali discese sull'Appennino dalla zona artica all'epoca delle glaciazioni. Nel periodo postglaciale il riscaldamento del clima provocó una forte riduzione dell'areale occupato dalle popolazioni appenniniche di queste specie, che si rifugiarono in stazioni con condizioni microclimatiche a loro favorevoli, dove si sono conservate fino a oggi. Il parco custodisce molti relitti glaciali: alcuni hanno qui le loro uniche stazioni appenniniche, per altri l'Appennino tosco-emiliano rappresenta il limite meridionale della distribuzione in Italia. La maggiore concentrazione é sui monti Prado e Cusna: nei due rilievi, infatti, il clima é decisamente freddo e continentale (le Alpi Apuane fanno da barriera alle piogge tirreniche), e particolari morfologie creano ambienti adatti alle loro esigenze. Nelle vallette nivali trovano rifugio molte di queste specie relitte, altre sono presenti negli ambienti umidi (Trichophorum alpinum, Eriophorum scheuchzeri), nei vaccinieti (Rhododendron ferrugineum, Empetrum hermaphroditum), sulle creste piú ventose e fra le rupi (Juncus trifidus, Silene acaulis, Lychnis alpina, Woodsia alpina). Queste specie costituiscono certamente una preziosa particolarità floristica del parco e, piú in generale, di tutto l'Appennino tosco-emiliano, e gli ambienti che le ospitano meritano particolare tutela.
Approfondimenti
Le vallette nivali
Sulle vette piú alte, nei versanti settentrionali dei monti Prado, Cusna e Piella, esistono luoghi dove la neve puó rimanere fino a estate inoltrata. Sono estremamente rari nel nostro Appennino, mentre si incontrano di frequente sulla catena alpina; in essi vivono piante di clima freddo molto specializzate, alle quali é sufficiente il breve periodo estivo per vegetare e riprodursi. Su soffici tappeti di muschi e licheni trovano posto Salix herbacea, un salice in miniatura dal minuscolo fusto legnoso prostrato, Gnaphalium supinum, Plantago alpina, Leucanthemopsis alpina, Soldanella pusilla, Cerastium cerastioides, Carex foetida; tutte specie considerate relitti di estrema importanza per ricostruire la storia naturale di questi luoghi.